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Ricorso inammissibile: quando è solo una ripetizione

Un individuo condannato per reati legati agli stupefacenti ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’inutilizzabilità di alcune dichiarazioni e l’illogicità della motivazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando i motivi estremamente vaghi, non specifici e meramente ripetitivi di questioni già adeguatamente risolte in appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Vaghi o Ripetitivi

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultima tappa del processo penale, ma non è un’opportunità per ridiscutere l’intero caso. Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce con fermezza quando un’impugnazione non supera nemmeno il vaglio preliminare, risultando in un ricorso inammissibile. Questo accade quando i motivi addotti sono generici, vaghi o, più semplicemente, una copia di quanto già detto e respinto nei gradi precedenti. Analizziamo insieme questa decisione per capire i requisiti di specificità di un ricorso e le conseguenze della sua mancanza.

I fatti del processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo in primo grado, con rito abbreviato, per reati legati al possesso di stupefacenti (previsti dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990) e alla detenzione abusiva di armi (art. 697 c.p.).

In secondo grado, la Corte d’Appello ha parzialmente riformato la sentenza: ha assolto l’imputato dal reato relativo alle armi, ma ha confermato la sua responsabilità per la violazione della legge sugli stupefacenti, pur rideterminando la pena. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due principali argomentazioni.

I motivi del ricorso e la questione del ricorso inammissibile

Il ricorrente ha sollevato due questioni principali, sperando di ottenere l’annullamento della sentenza d’appello:

1. Violazione di legge: Si contestava l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese da un’altra persona, considerate decisive per affermare la responsabilità penale dell’imputato.
2. Vizio di motivazione: Si censurava la presunta illogicità della motivazione della Corte d’Appello riguardo alla sussistenza stessa del reato contestato.

L’obiettivo era chiaro: smontare l’impianto accusatorio basato su prove dichiarative e dimostrare una carenza nel ragionamento dei giudici di merito. Tuttavia, la strategia si è rivelata inefficace.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha liquidato il ricorso dichiarandolo manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. La motivazione della Corte si articola su due pilastri fondamentali.

La genericità e la reiterazione dei motivi

Il primo punto, e il più rilevante, è che i motivi del ricorso sono stati giudicati “estremamente vaghi e non specifici”. Secondo i giudici, il ricorso non adempiva alla sua funzione essenziale, che è quella di una “critica argomentata” contro la sentenza impugnata. Invece, le argomentazioni della difesa erano una mera riproposizione (“meramente reiterativi”) di questioni già sollevate davanti alla Corte d’Appello.

La Corte territoriale, sottolinea la Cassazione, aveva già esaminato e risolto adeguatamente tali questioni con una motivazione “sufficiente e non illogica”. Il ricorrente, nel suo atto, non si è confrontato con le ragioni esposte nella sentenza d’appello, limitandosi a ripresentare le stesse doglianze. Questo comportamento processuale non è ammesso in sede di legittimità, dove non si può chiedere un nuovo giudizio sui fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Il principio sull’utilizzabilità delle dichiarazioni spontanee

La Cassazione ha anche ribadito un importante principio di diritto, già citato dalla Corte d’Appello. Le dichiarazioni spontanee rese da un indagato alla polizia giudiziaria, anche in assenza del difensore e degli avvisi di garanzia, sono utilizzabili nei riti a prova contratta, come il giudizio abbreviato. La condizione essenziale è che emerga con chiarezza la piena libertà del dichiarante nel rendere tali dichiarazioni. Il ricorso non ha mosso alcuna critica specifica a questo principio né al modo in cui è stato applicato nel caso concreto, dimostrando ancora una volta la sua debolezza argomentativa.

Le conclusioni: le conseguenze pratiche della decisione

La declaratoria di ricorso inammissibile non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, in assenza di una colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (un’ipotesi che la Corte ha escluso), il ricorrente è tenuto a versare una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.

Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso per cassazione deve essere un atto tecnico, specifico e puntuale, che si confronti criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, non una semplice riproposizione di argomenti già sconfitti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano estremamente vaghi, non specifici e si limitavano a ripetere questioni già adeguatamente esaminate e risolte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.

Le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria senza difensore sono utilizzabili nel processo?
Sì, secondo il principio di diritto richiamato dalla Corte, le dichiarazioni spontanee rese da un indagato alla polizia giudiziaria, anche senza la presenza di un difensore, sono utilizzabili nei riti a prova contratta (come il giudizio abbreviato), a condizione che sia evidente la libertà del soggetto nel momento in cui le ha rese.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano una sua colpa, al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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