Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Vaghi o Ripetitivi
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione è l’ultima tappa del processo penale, ma non è un’opportunità per ridiscutere l’intero caso. Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce con fermezza quando un’impugnazione non supera nemmeno il vaglio preliminare, risultando in un ricorso inammissibile. Questo accade quando i motivi addotti sono generici, vaghi o, più semplicemente, una copia di quanto già detto e respinto nei gradi precedenti. Analizziamo insieme questa decisione per capire i requisiti di specificità di un ricorso e le conseguenze della sua mancanza.
I fatti del processo
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo in primo grado, con rito abbreviato, per reati legati al possesso di stupefacenti (previsti dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990) e alla detenzione abusiva di armi (art. 697 c.p.).
In secondo grado, la Corte d’Appello ha parzialmente riformato la sentenza: ha assolto l’imputato dal reato relativo alle armi, ma ha confermato la sua responsabilità per la violazione della legge sugli stupefacenti, pur rideterminando la pena. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due principali argomentazioni.
I motivi del ricorso e la questione del ricorso inammissibile
Il ricorrente ha sollevato due questioni principali, sperando di ottenere l’annullamento della sentenza d’appello:
1. Violazione di legge: Si contestava l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese da un’altra persona, considerate decisive per affermare la responsabilità penale dell’imputato.
2. Vizio di motivazione: Si censurava la presunta illogicità della motivazione della Corte d’Appello riguardo alla sussistenza stessa del reato contestato.
L’obiettivo era chiaro: smontare l’impianto accusatorio basato su prove dichiarative e dimostrare una carenza nel ragionamento dei giudici di merito. Tuttavia, la strategia si è rivelata inefficace.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha liquidato il ricorso dichiarandolo manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. La motivazione della Corte si articola su due pilastri fondamentali.
La genericità e la reiterazione dei motivi
Il primo punto, e il più rilevante, è che i motivi del ricorso sono stati giudicati “estremamente vaghi e non specifici”. Secondo i giudici, il ricorso non adempiva alla sua funzione essenziale, che è quella di una “critica argomentata” contro la sentenza impugnata. Invece, le argomentazioni della difesa erano una mera riproposizione (“meramente reiterativi”) di questioni già sollevate davanti alla Corte d’Appello.
La Corte territoriale, sottolinea la Cassazione, aveva già esaminato e risolto adeguatamente tali questioni con una motivazione “sufficiente e non illogica”. Il ricorrente, nel suo atto, non si è confrontato con le ragioni esposte nella sentenza d’appello, limitandosi a ripresentare le stesse doglianze. Questo comportamento processuale non è ammesso in sede di legittimità, dove non si può chiedere un nuovo giudizio sui fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Il principio sull’utilizzabilità delle dichiarazioni spontanee
La Cassazione ha anche ribadito un importante principio di diritto, già citato dalla Corte d’Appello. Le dichiarazioni spontanee rese da un indagato alla polizia giudiziaria, anche in assenza del difensore e degli avvisi di garanzia, sono utilizzabili nei riti a prova contratta, come il giudizio abbreviato. La condizione essenziale è che emerga con chiarezza la piena libertà del dichiarante nel rendere tali dichiarazioni. Il ricorso non ha mosso alcuna critica specifica a questo principio né al modo in cui è stato applicato nel caso concreto, dimostrando ancora una volta la sua debolezza argomentativa.
Le conclusioni: le conseguenze pratiche della decisione
La declaratoria di ricorso inammissibile non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, in assenza di una colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (un’ipotesi che la Corte ha escluso), il ricorrente è tenuto a versare una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.
Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso per cassazione deve essere un atto tecnico, specifico e puntuale, che si confronti criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, non una semplice riproposizione di argomenti già sconfitti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano estremamente vaghi, non specifici e si limitavano a ripetere questioni già adeguatamente esaminate e risolte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.
Le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria senza difensore sono utilizzabili nel processo?
Sì, secondo il principio di diritto richiamato dalla Corte, le dichiarazioni spontanee rese da un indagato alla polizia giudiziaria, anche senza la presenza di un difensore, sono utilizzabili nei riti a prova contratta (come il giudizio abbreviato), a condizione che sia evidente la libertà del soggetto nel momento in cui le ha rese.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano una sua colpa, al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12266 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12266 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/01/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
1.NOME COGNOME ricorre, tramite Difensore, per la cassazione della sentenza con cui la Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, il 16 gennaio 2023, in parziale riforma della decisione, appellata dall’imputato, con la quale il G.u.p. del Tribunale di Taranto il 19 aprile 2022, all’esito del giudizi abbreviato, ha riconosciuto lo stesso responsabile dei reati di cui agli artt. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo n. 1) e 697 cod. pen. (capo n. 2), fatti commessi il 22 ottobre 2021, in conseguenza condannandolo, applicata la recidiva qualificata contestata, con l’aumento per la continuazione, operata la diminuzione per il rito, alla pena ritenuta di giustizia, ha assolto l’imputato dall contestazione di cui all’art. 697 cod. pen. ed ha rideterminato, riducendola, la pena, con conferma nel resto.
2.11 ricorrente si affida a due motivi: con il primo lamenta violazione di legge quanto alla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME quale prova della penale responsabilità dell’imputato; con il secondo censura promiscuamente violazione del comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e manifesta illogicità della motivazione quanto all’affermata sussistenza del reato addebitato a NOME COGNOME.
Chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
3.11 ricorso è manifestamente infondato.
L’impugnazione, in realtà, prospetta deduzioni estremamente vaghe e non specifiche, che non assolvono alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710).
Entrambi i motivi, peraltro, risultano meramente reiterativi di altrettante questioni già poste e già adeguatamente risolte dalla Corte territoriale con motivazione sufficiente e non illogica, supportata da adeguato esame delle deduzioni difensive (che si rinviene alle pp. 5-9 della sentenza impugnata), motivazione con cui l’impugnazione, a ben vedere, non si confronta; non si confronta, in particolare, con il principio di diritto richiamato nella sentenza impugnata (p. 6), secondo cui «Sono utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque nell’incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta, le spontanee dichiarazioni rese dall’indagato, in assenza del difensore e senza gli avvisi ex art. 64 cod. proc. pen., alla polizia giudiziaria e non verbalizzate, purché emerga con chiarezza la libertà del dichiarante nella decisione di rendere le stesse» (Sez. 2, n. 22962 del 31/05/2022, Nacchia, Rv. 283409).
4.Essendo, in definitiva, il ricorso inammissibile e non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria nella misura, che si ritiene congrua e conforme a diritto, che è indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14/12/2023.