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Ricorso inammissibile: quando è solo una ripetizione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9488/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per appropriazione indebita. La Corte ha stabilito che la semplice riproposizione dei motivi già discussi e respinti in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata, rende il ricorso non specifico e quindi inammissibile. Questa decisione conferma che la Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo la corretta applicazione della legge.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega i Limiti dell’Impugnazione

Quando si arriva al terzo grado di giudizio, è fondamentale comprendere le regole del gioco. Un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma può comportare anche conseguenze economiche. Con la recente ordinanza n. 9488 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: non basta ripetere le proprie ragioni per ottenere una revisione della sentenza; serve una critica mirata e specifica. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Caso: Dalla Condanna per Appropriazione Indebita al Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Firenze per il reato di appropriazione indebita aggravata. L’imputato, ritenendo ingiusta la sentenza, decide di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a quattro distinti motivi per contestare la sua affermazione di responsabilità. Il fulcro della sua difesa si basava su una presunta erronea e illogica valutazione delle prove da parte dei giudici di merito.

L’Analisi della Cassazione sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte, nell’esaminare il ricorso, ha rapidamente individuato una debolezza strutturale che lo ha reso, appunto, inammissibile. I giudici hanno evidenziato come i primi due motivi non fossero altro che una ‘pedissequa reiterazione’ di quanto già esposto e, soprattutto, già rigettato dalla Corte d’Appello. Invece di contestare specificamente le ragioni della sentenza di secondo grado, il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse tesi difensive.

La Critica Apparente e la Mancanza di Specificità

La Cassazione ha chiarito che un ricorso, per essere valido, deve assolvere a una ‘tipica funzione di una critica argomentata’. Questo significa che non è sufficiente esprimere disaccordo, ma è necessario smontare pezzo per pezzo il ragionamento del giudice precedente, evidenziandone vizi logici o errori di diritto. Un ricorso che si limita a ripetere argomenti già noti viene considerato ‘non specifico’, o ‘soltanto apparente’, perché di fatto elude il confronto con la decisione che intende impugnare.

I Limiti del Giudizio di Legittimità

Per quanto riguarda il terzo e quarto motivo, con cui il ricorrente proponeva una diversa lettura delle prove, la Corte ha richiamato un principio consolidato (rifacendosi alla nota sentenza Jakani delle Sezioni Unite). Il compito della Corte di Cassazione non è quello di riesaminare i fatti o di sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito. Il suo ruolo è quello di ‘giudice della legge’, ovvero di verificare che il diritto sia stato applicato correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Non può, quindi, accogliere doglianze che si traducono in una richiesta di nuova valutazione del materiale probatorio.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte sono state nette e precise. Il giudice di merito, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione ‘esente da vizi logici’, spiegando chiaramente il percorso argomentativo che lo aveva portato a ritenere provata la responsabilità dell’imputato. Il quadro probatorio, analiticamente descritto nelle pagine 8 e 9 della sentenza d’appello, era stato ritenuto solido e sufficiente. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorso si è rivelato incapace di scalfirne la coerenza, limitandosi a una riproposizione sterile delle proprie tesi. La mancanza di una critica puntuale e pertinente ha quindi determinato, inevitabilmente, la declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni: Conseguenze di un Ricorso Inammissibile

La decisione della Corte non si è limitata a respingere il ricorso. Come conseguenza diretta dell’inammissibilità, e ravvisando profili di colpa nel proporre un’impugnazione palesemente infondata, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. A queste si è aggiunta una sanzione pecuniaria di tremila euro da versare alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito: il ricorso in Cassazione è uno strumento serio, non una terza occasione per ridiscutere il merito della vicenda. È necessario un approccio tecnico e rigoroso, incentrato sui vizi della sentenza impugnata, per evitare che il tentativo di ottenere giustizia si trasformi in un’ulteriore condanna, questa volta di natura economica.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non rispetta i requisiti previsti dalla legge. In questo caso specifico, è stato ritenuto tale perché i motivi erano una mera ripetizione di argomenti già respinti in appello e non contenevano una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.

Cosa significa che i motivi di un ricorso sono una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli d’appello?
Significa che il ricorrente si è limitato a ripresentare in Cassazione le stesse identiche argomentazioni già discusse e rigettate dalla Corte d’Appello, senza sviluppare una critica mirata contro le ragioni specifiche per cui i giudici d’appello avevano respinto le sue tesi.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile?
La persona che presenta un ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questa vicenda, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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