Ricorso Inammissibile: la Cassazione Conferma la Condanna per Truffa e Infedele Patrocinio
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del processo penale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della mera riproposizione di motivi già esaminati e respinti nei precedenti gradi di giudizio. Questo caso offre uno spunto di riflessione sull’importanza di presentare censure specifiche e nuove in sede di legittimità, evitando di incorrere in una secca declaratoria di inammissibilità e nella conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma, che aveva confermato la responsabilità penale di una persona per i reati di truffa e infedele patrocinio. La difesa della ricorrente aveva basato il proprio appello su due principali motivi: la presunta tardività della querela presentata dalla persona offesa e la contestazione della sua responsabilità penale per i fatti addebitati.
La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto tali argomentazioni. I giudici di secondo grado avevano fornito una spiegazione dettagliata delle ragioni per cui la querela doveva considerarsi tempestiva e avevano ritenuto provata la colpevolezza dell’imputata sulla base di prove solide, tra cui l’esame della persona offesa e la documentazione prodotta in giudizio.
La Decisione sul ricorso inammissibile
Giunta dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, la questione è stata risolta rapidamente. Gli Ermellini hanno osservato che i motivi di ricorso presentati dalla difesa non erano altro che una riproduzione delle medesime censure già sollevate e adeguatamente confutate dalla Corte d’Appello.
Secondo la Corte, non sono stati introdotti nuovi elementi di diritto o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata che potessero giustificare un annullamento. La difesa si è limitata a riproporre le stesse argomentazioni, senza confrontarsi specificamente con le ragioni esposte dai giudici d’appello per respingerle. Questo approccio rende il ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Le motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione è netta e si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel quale si può riesaminare il merito della vicenda. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge e l’assenza di vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata.
Quando un ricorrente si limita a ripetere le stesse obiezioni già valutate e respinte, senza evidenziare specifiche criticità nella decisione d’appello, il ricorso perde la sua funzione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva chiarito perché la querela era tempestiva e perché le prove raccolte (testimonianza e documenti) dimostravano la colpevolezza. Il ricorso non ha contestato la logicità di tali conclusioni, ma ha solo riaffermato una diversa interpretazione dei fatti.
Di conseguenza, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
La decisione in esame è un monito importante sulla tecnica di redazione dei ricorsi per cassazione. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è essenziale che le censure siano specifiche, pertinenti e critiche verso la motivazione della sentenza impugnata. Non è sufficiente riproporre le proprie tesi difensive, ma occorre dimostrare dove e perché il giudice di merito ha sbagliato nell’applicare la legge o nel ragionare sui fatti. In assenza di tali elementi, l’esito del ricorso è inevitabilmente segnato, con un aggravio di costi per il ricorrente.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi proposti sono una mera riproduzione di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla corte del grado precedente, senza introdurre nuovi vizi logici o di legge.
Cosa succede se i motivi di un ricorso sono una semplice riproposizione di censure già esaminate?
Se i motivi sono una semplice riproposizione, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per confermare la responsabilità dell’imputato?
La Corte d’Appello ha basato la sua decisione sulla valutazione delle risultanze processuali, in particolare sull’esame della persona offesa e sulla documentazione allegata, che hanno corroborato la tesi accusatoria e dimostrato la responsabilità dell’imputato per i delitti contestati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5104 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5104 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SALERNO NOME nato a MERANO il 12/04/1968
avverso la sentenza del 31/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di NOME;
OSSERVA
Ritenuto che i motivi di ricorso che deducono vizi di motivazione e violazione di legge processuale in merito alla tardività della querela e alla responsabilità in ordine ai delitti di ed infedele patrocinio risultano riproduttivi di identiche censure adeguatamente confutate dalla Corte di appello (pagg. 2 e 3) che ha dato conto delle ragioni della tempestività della querela e delle risultanze che facevano ritenere responsabile dei delitti contestati, ciò corroborat dall’esame della persona offesa e dalla documentazione allegata;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 10/01/2025.