Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega Quando l’Appello è Inutile
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una seconda opportunità per ridiscutere i fatti. Un’ordinanza recente chiarisce perfettamente quando un appello diventa un ricorso inammissibile, con conseguenze economiche significative per chi lo propone. Vediamo insieme cosa è successo e quale lezione possiamo trarne.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da una sentenza della Corte d’Appello di Palermo, che aveva condannato un individuo per il reato previsto dall’articolo 337 del codice penale (resistenza a un pubblico ufficiale). Non accettando la decisione, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, sperando di ottenere un annullamento della condanna.
L’obiettivo del ricorso era contestare il giudizio di responsabilità e la configurabilità stessa del reato, cercando di rimettere in discussione le valutazioni già effettuate nei precedenti gradi di giudizio.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, esaminato il caso, ha emesso un’ordinanza lapidaria: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. La Corte ha stabilito che l’atto presentato non aveva i requisiti per essere esaminato.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile?
La Corte ha spiegato in modo chiaro e diretto le ragioni della sua decisione. Il motivo fondamentale risiede nella natura stessa del ricorso presentato. Secondo i giudici, l’appello era costituito da “mere doglianze in punto di fatto” e risultava “meramente riproduttivo” di censure già esaminate e respinte dalla Corte territoriale. In altre parole, il ricorrente non ha sollevato questioni di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma ha semplicemente riproposto la sua versione dei fatti, sperando in una nuova valutazione che la Cassazione non può compiere. La Corte ha sottolineato che la sentenza d’appello aveva già vagliato e disatteso quegli stessi argomenti con motivazioni corrette dal punto di vista giuridico.
Le Conseguenze Economiche
La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. La Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria, come chiarito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000, è una conseguenza quasi automatica quando un ricorso viene respinto per inammissibilità, a meno che non si dimostri l’assenza di colpa nel determinarne la causa. In questo caso, la Corte ha ritenuto che il ricorrente avesse proposto il ricorso essendo consapevole, o dovendo esserlo, della sua infondatezza.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove o i fatti. È uno strumento per correggere errori di diritto. Presentare un ricorso inammissibile, che si limita a ripetere le stesse argomentazioni fattuali già respinte, non solo è inutile ai fini del processo, ma comporta anche una condanna economica certa. È un monito per chi intende adire la Suprema Corte: i motivi di ricorso devono essere solidi, specifici e incentrati su questioni di legittimità, non su mere lamentele fattuali.
Per quale motivo principale un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se si limita a presentare ‘mere doglianze in punto di fatto’ o a riprodurre profili di censura già adeguatamente valutati e respinti dalla corte territoriale, senza sollevare questioni relative a errori di diritto.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
È possibile evitare la condanna al pagamento della somma alla Cassa delle ammende?
No, non in questo caso. La condanna è una conseguenza diretta dell’inammissibilità, a meno che non si possa dimostrare che il ricorso è stato proposto senza colpa nel determinare tale causa, una circostanza che la Corte ha ritenuto non sussistente nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44557 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44557 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 04/10/1995
avverso la sentenza del 12/12/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché deduce un motivo costituito da mere doglianze in punto di fatto e meramente riproduttivo di profili di censura, sul giudizio di responsabili configurabilità del reato di cui all’art. 337 cod. pen., già adeguatamente vagliati e disatte corretti argomenti giuridici dalla Corte territoriale (si vedano le pagine 3 e 4 della sen impugnata);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa dell ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso 1’11 ottobre 2024.