Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 15700 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 15700 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 23/02/1975
avverso la sentenza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni della Procura generale, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni della difesa, che insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Catanzaro, con la pronuncia indicata in epigrafe, h confermato la condanna di NOME COGNOME con riferimento a plurime fattispecie di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in concorso con NOME COGNOME di detenzione per fini non personali, cessione e offerta in vendita di stupefac di vario tipo, tra cui eroina, marijuana e Khat (capi A, D, E, 5, 6).
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su tre moti oggetto di unica articolazione e deducenti violazione di legge e vizio congiugto motivazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Il ricorrente sindaca la sentenza d’appello nella parte in cui avre confermato la responsabilità dell’imputato valutando un compendio probatorio che, per converso, se correttamente letto, sarebbe stato conducente nel sens dell’assoluzione. Il riferimento è, in particolare: a) agli elementi emergenti intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, dai quali emergerebbero solo meri contatti con soggetti ritenuti assuntori e acquirenti di stupefacente; b) esiti delle attività di perquisizione, in quanto culminate in sequest stupefacente eseguito presso l’abitazione nella disponibilità dell’imputato e d sua convivente ma non di proprietà di COGNOME; c) alle dichiarazioni accusatorie rese da plurimi soggetti escussi in dibattimento, specificatamen indicati in ricorso ) con riferimento ai vari capi d’imputazione, in quanto, per il ricorrente, rese da soggetti non credibili e comunque non tali da fondare responsabilità del prevenuto. A quanto innanzi si aggiungerebbero: d) l’insussistente valutazione da parte dei giudici di merito di elementi che, p ricorrente, renderebbero sussumibile le fattispecie accertate nell’astr previsione di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990; e) l’ome considerazione delle deduzioni difensive circa la mera connivenza non punibile dell’imputato rispetto all’attività di spaccio posta in essere dalla convivente more uxorio presso l’abitazione in uso a entrambi. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Le parti hanno concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, i cui motivi sono suscettibili di trattazione congiunt caratterizzato da plurimi profili d’inammissibilità.
In primo luogo, le censure, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (esplicitati a pag. 5 e ss.), si fondano su doglianze che si ris nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in secondo grado puntualmente disattese dalla Corte territoriale (pag. 5 e ss.), dovendosi qu ‘ indi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la senten
oggetto di ricorso (ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2020, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01).
In secondo luogo, le doglianze, laddove lambiscono l’apparato argomentativo della sentenza impugnata, si presentano inammissibili ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. in quanto deducenti motivi diversi da quelli prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013; Leonardo, Rv. 254584 01; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
Trattasi di mere censure in fatto con le quali si prospettano anche erronee valutazioni probatorie del giudice di merito in ordine alla valutazione della condotta dell’imputato anche in considerazione delle assunte’ dichiarazioni testimoniali, rese da soggetti non credibili, secondo l’apprezzamento del ricorrente, e comunque, in tesi difensiva, non conducenti nel senso dell’accertata responsabilità, sempre. Di conseguenza, in termini inammissibili, si perviene: a) a una personale e alternativa ricostruzione dai rapporti tra l’imputato e la convivente, in termini di mera connivenza non punibile del primo rispetto all’attività di spaccio della seconda; b) alla negazione di quanto accertato dai giudici di merito in ordine alla condotta dell’imputato sostanziatasi anche nella diretta cessione in favore degli acquirenti; c) a una personale valutazione in termini di «lieve entità» dei fatti accertati come aventi a oggetto diverse tipologie di stupefacente, già confezionato in plurime dosi, detenuto e ceduto, stabilmente e con collaudate modalità esecutive, utilizzando quale base logistica l’abitazione,luogo di convivenza dei correi.
È infine inammissibile il profilo di doglianza che si appunta sugli esiti delle intercettazioni in ragione del mancato confronto con la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata, dal cui apparato argonnentativo non emergono riferimenti a esiti di tali attività (per l’inammissibilità del motivo di ricorso non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., tra le più recenti; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, cit.).
In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende (misura ritenuta equa, ex art. 616 cod. proc. pen. come letto da Corte cost. n. 186 del 2000, in considerazione dei profili di
colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità emergenti dai ricorsi n termini innanzi evidenziati).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell
ammende.
Così deciso il 25 marzo 2025
Il Cons
Il Presidente