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Ricorso inammissibile: quando è solo una ripetizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per occupazione abusiva. Il ricorso è stato respinto perché i motivi erano una mera ripetizione di quanto già discusso e rigettato in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata. La Corte ha confermato la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Ripetizione dei Motivi di Appello

Quando si impugna una sentenza, è fondamentale presentare argomenti solidi e pertinenti. Un errore comune è riproporre le stesse difese già respinte nel grado precedente, senza una critica specifica alla decisione impugnata. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio cardine: un ricorso così formulato è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i requisiti di un ricorso efficace e le conseguenze di una sua errata impostazione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per occupazione abusiva di un immobile. L’imputato, dopo la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

Il primo motivo mirava a contestare la responsabilità penale, invocando la causa di giustificazione dello stato di necessità (art. 54 c.p.), e lamentando un vizio di motivazione della sentenza d’appello. Il secondo motivo, invece, si concentrava sul trattamento sanzionatorio, criticando il bilanciamento tra le attenuanti generiche e la recidiva.

I Motivi del Ricorso e le Conseguenze di un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha analizzato entrambi i motivi del ricorso, giungendo a una conclusione netta di inammissibilità per entrambi, seppur per ragioni diverse.

Il Primo Motivo: Ripetizione e Mancanza di Critica

Per quanto riguarda la presunta violazione dello stato di necessità, i giudici hanno rilevato che il ricorrente si era limitato a riproporre pedissequamente le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte territoriale. Questo approccio è stato considerato viziato in partenza. Il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Di conseguenza, non è sufficiente ripetere le proprie tesi, ma è necessario confrontarsi criticamente con la decisione impugnata, evidenziandone gli specifici errori logici o giuridici. La mancanza di questo confronto rende il motivo del tutto generico e, quindi, inammissibile.

Il Secondo Motivo: Questioni Nuove non Ammesse

Anche il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile, ma per una ragione procedurale diversa. La questione relativa al bilanciamento tra attenuanti e recidiva non era mai stata sollevata nell’atto di appello. Secondo l’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non possono essere dedotte in Cassazione questioni che non siano già state sottoposte al giudice d’appello. Si tratta di un principio di preclusione che mira a garantire l’ordine e la gradualità dei giudizi. Sollevare una questione per la prima volta davanti alla Suprema Corte costituisce un motivo di ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Cassazione

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati della procedura penale. In primo luogo, viene ribadito che il ricorso per Cassazione deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata. Non può essere una mera riproposizione dei motivi d’appello, poiché ciò trasformerebbe la Cassazione in un terzo grado di merito, snaturandone la funzione di giudice della legittimità. Il ricorrente deve “dialogare” con la motivazione della sentenza d’appello, smontandone il ragionamento giuridico, e non semplicemente ignorarlo ripresentando le proprie ragioni.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato il principio della devoluzione, secondo cui il giudice d’appello può pronunciarsi solo sui punti della sentenza di primo grado che sono stati specificamente impugnati. Simmetricamente, la Cassazione può esaminare solo le questioni devolute al giudice d’appello. Introdurre motivi nuovi in Cassazione viola questa regola procedurale e porta inevitabilmente all’inammissibilità del ricorso.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un chiaro monito sull’importanza di redigere un ricorso per Cassazione con rigore tecnico e strategico. Non basta avere ragione nel merito, è indispensabile far valere le proprie ragioni nel modo corretto. Un ricorso che si limiti a ripetere le doglianze già respinte o che introduca questioni nuove è destinato al fallimento. La conseguenza non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, aggravando la posizione del condannato. La lezione è chiara: per affrontare la Corte di Cassazione, è necessaria una difesa tecnica che sappia individuare e contestare i vizi specifici della sentenza impugnata, nel rispetto delle regole procedurali.

È possibile presentare in Cassazione gli stessi motivi di ricorso già respinti in appello?
No. Il ricorso in Cassazione è inammissibile se si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sviluppare una critica argomentata e specifica contro la motivazione della sentenza impugnata.

Cosa succede se un motivo di ricorso non è stato presentato nel precedente grado di giudizio (appello)?
Il motivo è inammissibile. In base all’art. 606, comma 3, c.p.p., non è possibile presentare per la prima volta in Cassazione questioni che non erano state sottoposte al giudice d’appello.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma definitiva della sentenza di condanna, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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