Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11883 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11883 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a ROMA il 07/05/1978 COGNOME NOME nato a ROMA il 22/08/1985
avverso la sentenza del 16/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 26 gennaio 2024, ha riqualificato il reato di cui al capo A) nell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME in anni due, mesi quattro di reclusione ed euro 4200,00 di multa e quella inflitta a COGNOME NOME in mesi dieci, giorni venti di reclusione ed euro 1600,00 di multa, confermando nel resto.
Entrambi gli imputati, a mezzo del proprio difensore, ricorrono per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello lamentando il Bianchini violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione della recidiva e la Zampatori vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’affermazione di penale responsabilità.
3. I ricorsi sono inammissibili.
Entrambi i motivi di ricorso risultano essere meramente riproduttivi di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti dal Giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708).
Con riferimento al ricorso del COGNOME la Corte territoriale ha assolto in misura congrua e pertinente l’ onere motivazionale in ordine alla ritenuta applicazione della recidiva, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa, anche per le modalità di esecuzione, a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Rv. 247838 ; Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, Rv. 263464). In particolare, i giudici di merito hanno fatto pertinente riferimento al fatto che l’imputato, al momento della commissione del reato per cui si procede, risultava gravato da plurimi precedenti ( di cui gli ultim due specifici) e non aveva mostrato alcuna attenuazione della capacità criminale, ma aveva continuato a perpetrare le medesime condotte, senza che le condanne riportate avessero prodotto alcun effetto dissuasivo: in linea con i principi esposti la Corte ha considerato che l’ulteriore episodio è certamente indice di una aumentata e pervicace capacità a delinquere e di una maggiore pericolosità del reo.
Quanto alla posizione della COGNOME, la Corte di merito ha fornito una motivazione lineare e coerente in ordine alla valutazione delle risultanze probatorie a carico dell’imputata. In particolare si è rilevato: 1) che all’interno della borsa del donna era stata rinvenuta la somma di €.1490,00 suddivisa in banconote da piccolo taglio; 2) che, durante l’inseguimento da parte delle forze dell’ordine, dal lato passeggero ove si trovava la donna era stato lanciato un sacchetto contenente lo stupefacente, recuperato dagli operanti; 3) che all’interno della borsa era stato altresì trovato un sacchetto, vuoto, della medesima tipologia; 4) che la donna non aveva fornito alcuna giustificazione circa il denaro ritrovato in suo possesso. La Corte territoriale, con argomentazioni del tutto logiche, ha escluso la credibilità della versione del COGNOME, il quale si era attribuito l’esclusiva responsabilità del fat all’evidente scopo di proteggere la compagna, rilevando che, attese le modalità dell’inseguimento e la conseguente difficoltà di manovra del COGNOME, era del tutto inverosimile che il predetto COGNOME avesse potuto lanciare il sacchetto contenente droga dal lato passeggero mentre era impegnato alla guida e cercava di sfuggire alle forze dell’ordine. La Corte ha dunque coerentemente concluso la COGNOME fosse pienamente consapevole di quanto stesse custodendo nella propria borsa, ossia lo stupefacente unitamente alla cospicua somma denaro, della quale non aveva spiegato il possesso.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila ciascuno, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 11 marzo 2025.