Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3046 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3046 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il 28/07/1980
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto raccoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione.
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RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 03/07/2023, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pisa del 08/11/2018, appellata da NOME COGNOME ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato sub a) (art. 474 cod. pen.) perché estinto per intervenuta prescrizione ed ha conseguentemente rideterminato la pena per il reato di cui al capo b) (art. 648 cod. pen.).
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore, deducendo motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di norme processuali per essere stata ritenuta la competenza del Tribunale di Pisa piuttosto che quella del Tribunale di Firenze; le attività di indagine espletate anche mediante apposizione di un gps per tracciare gli spostamenti del ricorrente rendono evidente come non si potesse utilizzare il criterio suppletivo del luogo di residenza del ricorrente.
2.2. Violazione di norme processuali in considerazione della illegittima attività di perquisizione posta in essere durante le indagini, in violazione del disposto di cui all’art. 352 cod. proc. pen., con conseguente nullità derivata di tutte le attività successive basate proprio su tale illegittima perquisizione.
2.3. Violazione di legge e violazione di norme processuali per mancata assunzione di prova decisiva con particolare riferimento alla richiesta di esibizione del corpo del reato in relazione agli artt. 190 e 495 cod.proc.pen.
2.4. Vizio della motivazione in ogni sua forma perché mancante, contraddittoria e manifestamente illogica in ordine al mancato riconoscimento dei benefici di legge.
Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18, nella quale è stato convertito il decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215), in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti, il Procuratore generale e il difensore
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dell’imputato hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi generici, non consentiti e manifestamente infondati.
Il primo motivo di ricorso non è consentito in quanto la relativa doglianza (relativa alla eccezione formulata in primo grado di incompetenza territoriale del Tribunale di Pisa per essere competente il Tribunale di Pisa) non è stata introdotta in appello, con conseguente interruzione della catena devolutiva sul punto. Gli argomenti difensivi proposti in questa sede non risultano neanche riportati nel riepilogo dei motivi della sentenza, né risultano articolati nell’atto di appello. In tal senso, si deve anche rilevare la aspecificità del motivo per come proposto, atteso che questa Corte ha affermato, con principio che qui si intende ribadire, che deve ritenersi privo di specificità il motivo di ricorso per cassazione che lamenti omessa motivazione in ordine ad un motivo di gravame, senza contestare specificamente la correttezza del riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, che non abbia dato conto della formulazione del motivo asseritamente rimasto non valutato (Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME Rv. 270627-01; Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013, dep. 2014, n.m.).
Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso non sono consentiti, attesa la loro oggettiva reiteratività. La difesa si è, infatti, limitata a reiterare le medesime censure proposte con l’atto di appello, omettendo di confrontarsi con le argomentazioni, logiche e prive di aporie, della Corte di appello al fine di introdurre nuovamente la propria interpretazione quanto alla accertata responsabilità del ricorrente, nuovamente sostenendo :- l’illegittimità della perquisizione posta in essere a carico dello stesso (smentita dalle affermazioni rese a pag. 6 e seg.); – in ordine alla mancata assunzione di prova decisiva (nonostante le considerazioni tecniche e del tutto immuni da illogicità rese a pag. 7 e seg. dove sono state richiamate le attività esplicative della intervenuta contraffazione, fascicoli fotografici, esame della teste COGNOME ed altro); – la mancata concessione dei benefici di legge (nonostante la specifica considerazione dei precedenti specifici del ricorrente del tutto ostativi, evidenziati a pag.10), senza confrontarsi con le considerazioni della Corte di appello. In tal senso, occorre
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ricordare che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01). La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito che il ricorso di cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’appello, e motivatamente respinti in secondo grado, non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, ma si limita, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01) o la ricorrenza di violazioni di legge o di norme processuali affatto ricorrenti nel caso in esame, come condivisibilmente esplicato, con motivazione del tutto immune da illogicità, dalla Corte di appello.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, il ricorrente va condannato al pagamento della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11/12/2024.