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Ricorso inammissibile: quando è solo una ripetizione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato per sostituzione di persona. I motivi, basati sulla richiesta di non punibilità per tenuità del fatto e sul risarcimento del danno, sono stati giudicati una mera ripetizione di quanto già respinto dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuove critiche giuridiche. La decisione sottolinea che la Cassazione non riesamina il merito, ma valuta la legittimità della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione non è un Terzo Grado di Giudizio

Quando si arriva dinanzi alla Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere che non si sta iniziando un nuovo processo. Il ricorso in Cassazione non serve a riesaminare i fatti, ma a controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge. Se un ricorso si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in Appello, il rischio concreto è una dichiarazione di ricorso inammissibile. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un chiaro esempio di questo principio.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato per il reato di sostituzione di persona, si era visto parzialmente riformare la sentenza in Appello, con l’esclusione della recidiva e una conseguente riduzione della pena. Non soddisfatto, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso e il Rischio di un Ricorso Inammissibile

Il ricorrente ha fondato la sua impugnazione su due punti specifici, già sollevati e rigettati dalla Corte d’Appello:

1. Mancato riconoscimento della causa di non punibilità: L’imputato sosteneva che il suo caso rientrasse nell’ambito della “particolare tenuità del fatto” prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
2. Mancata applicazione dell’attenuante del risarcimento: Si lamentava del fatto che non gli fosse stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, c.p., per aver, a suo dire, integralmente risarcito il danno alla parte civile.

Il problema centrale, come evidenziato dalla Cassazione, era che entrambi i motivi erano una mera riproposizione delle argomentazioni già esaminate e motivate dalla Corte territoriale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, non solo la condanna è diventata definitiva, ma l’imputato è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione sottolinea l’importanza di presentare motivi di ricorso specifici e pertinenti al giudizio di legittimità.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Dichiarato Inammissibile?

La Suprema Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni della sua decisione, analizzando separatamente i due motivi di ricorso.

Per quanto riguarda il primo motivo, relativo all’art. 131-bis c.p., i giudici hanno rilevato che il ricorso era una “pedissequa reiterazione” delle censure già dedotte in appello. La Corte d’Appello aveva correttamente motivato il diniego del beneficio, evidenziando la sussistenza della “abitualità” della condotta, un elemento che per legge osta all’applicazione della particolare tenuità del fatto. Il ricorso in Cassazione non criticava il ragionamento giuridico della Corte d’Appello, ma si limitava a riproporre la stessa richiesta.

Anche il secondo motivo ha subito la stessa sorte. La richiesta di applicazione dell’attenuante per avvenuto risarcimento è stata giudicata inammissibile perché riproduttiva di doglianze già respinte. La Corte ha chiarito un punto cruciale: la revoca della costituzione di parte civile non è di per sé prova di un integrale risarcimento. L’imputato non aveva fornito alcuna prova concreta a sostegno della sua affermazione, né sull’effettivo pagamento né sulla sua congruità. Il verbale citato attestava solo la revoca della costituzione, non il motivo dietro di essa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, non di rivedere nel merito le decisioni dei giudici precedenti. Un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di un’impugnazione che non coglie questa distinzione e che tenta di ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti. Per avere successo in Cassazione, è necessario formulare critiche specifiche contro la sentenza impugnata, evidenziando errori di diritto o vizi logici nella motivazione, e non semplicemente sperare in una nuova valutazione del caso.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si limita a riproporre le medesime argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello, senza formulare una critica argomentata e specifica contro i profili di illegittimità della sentenza impugnata.

La revoca della costituzione di parte civile dimostra automaticamente l’avvenuto risarcimento del danno?
No. La Corte chiarisce che la revoca della costituzione di parte civile non costituisce di per sé prova dell’integrale risarcimento del danno. È onere dell’imputato fornire prove concrete che attestino sia l’avvenuto pagamento sia la sua congruità a coprire l’intero danno.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Non è stata applicata perché la Corte d’Appello aveva motivato la sua esclusione sulla base della sussistenza della “condotta abituale” dell’imputato. L’abitualità del comportamento è una delle cause ostative previste dalla legge per il riconoscimento di tale beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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