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Ricorso inammissibile: quando è solo una ripetizione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per rapina. La decisione si fonda sulla constatazione che l’appello era una mera ripetizione di motivi già rigettati in appello, privo di critiche specifiche alla sentenza impugnata. La Corte ha inoltre confermato il diniego delle attenuanti generiche, ribadendo che il giudice non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla decisione precedente. È necessario formulare critiche specifiche e argomentate, altrimenti si rischia una dichiarazione di ricorso inammissibile. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio fondamentale, respingendo un ricorso che si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e disattese in appello. Questa pronuncia offre spunti cruciali sui requisiti di specificità degli atti di impugnazione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per rapina (art. 628 c.p.) emessa dalla Corte d’Appello. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale. In particolare, il ricorrente contestava le valutazioni della Corte di merito su elementi quali il suo abbigliamento al momento del fatto, le sue condizioni di salute e l’assenza di tracce palmari nell’auto utilizzata.

L’Analisi della Corte sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni convergenti. In primo luogo, i motivi presentati non si confrontavano realmente con le argomentazioni della sentenza impugnata, ma si risolvevano in una “pedissequa reiterazione” di quanto già dedotto in appello. La Corte di merito, infatti, aveva già esaminato e puntualmente respinto tali doglianze. Secondo gli Ermellini, un ricorso che si limita a riproporre le stesse questioni senza una critica mirata alla logica della decisione appellata è da considerarsi non specifico, ma solo apparente. Non assolve, quindi, alla sua funzione tipica, che è quella di sottoporre al giudice di legittimità un vizio specifico del provvedimento impugnato.

La Questione delle Circostanze Attenuanti

Un altro motivo di ricorso riguardava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Anche su questo punto, la Cassazione ha ritenuto il motivo manifestamente infondato. La Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il giudice di merito, nel motivare il diniego delle attenuanti, non è obbligato a prendere in considerazione ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole dedotto dalle parti. È sufficiente che faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata esente da illogicità, rendendo la doglianza del ricorrente infondata e, di conseguenza, parte integrante delle ragioni che hanno portato a un ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione si fonda sul principio di specificità dei motivi di ricorso. Un’impugnazione non può essere un’occasione per riesaminare l’intero merito della vicenda, ma deve individuare con precisione i vizi logici o giuridici della sentenza contestata. La ripetizione di argomenti già vagliati e respinti trasforma il ricorso in un atto meramente formale, incapace di innescare un reale controllo di legittimità. La Corte ha sottolineato che la sentenza di secondo grado aveva fornito una motivazione coerente e logica, descrivendo analiticamente (pagg. 5-7 della sentenza) gli elementi a base della dichiarazione di responsabilità. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorrente avrebbe dovuto muovere critiche puntuali, cosa che non è avvenuta.

Conclusioni

La decisione in esame ribadisce un messaggio chiaro per chi intende adire la Corte di Cassazione: un ricorso deve essere un atto di critica argomentata, non una semplice riproposizione di difese già sconfitte. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione specifici e tecnicamente fondati, per evitare di incorrere in una declaratoria di inammissibilità con le relative conseguenze economiche.

Quando un ricorso viene considerato una ‘pedissequa reiterazione’ e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato una ‘pedissequa reiterazione’ quando si limita a riproporre gli stessi motivi e le stesse argomentazioni già presentati e respinti nel precedente grado di giudizio, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la logica e le conclusioni della sentenza che si impugna.

Per negare le attenuanti generiche, il giudice deve analizzare tutti gli elementi a favore dell’imputato?
No. Secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, il giudice non è tenuto a esaminare analiticamente tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma è sufficiente che motivi la sua decisione facendo riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti per il diniego.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, tale somma è stata quantificata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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