Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31732 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31732 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a AVERSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Firenze – per quanto ora di interesse – ha confermato la sentenza del Tribunale di Firenze in composizione monocratica del 21/06/2021, che aveva condannato NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 681 cod. pen. e, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena inflitta all’imputata in venti giorni di arresto ed euro duecento di ammenda.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo – come primo motivo – l’intervenuta prescrizione della contravvenzione ascritta, già in epoca antecedente rispetto alla sentenza di secondo grado. La difesa ha poi dedotto carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Le ragioni poste a fondamento dell’impugnazione, infine, sono state più compitamente chiarite, a mezzo di memoria difensiva e relative conclusioni.
Quanto alla doglianza inerente alla intervenuta estinzione per prescrizione, occorre precisare che il fatto risale al 10 dicembre 2017 (dovendosi così fissare, in ossequio al principio del favor rei, la data di consumazione del reato indicata in rubrica); la sentenza di secondo grado, invece, è stata emessa il 15 dicembre 2022. Rispetto al termine massimo quinquennale, vigente per le contravvenzioni e destinato a scadere il 10 dicembre 2022, devono quindi essere considerati tanto i tredici giorni di sospensione, che lo stesso ricorrente riconosce in sede di ricorso, quanto il periodo intercorrente fra il 27 aprile 2020 e il giorno 11 maggio 2020, che non è interessato dalla nota pronuncia della Corte costituzionale, in tema di computo della prescrizione durante il periodo dell’emergenza pandemica da Covid-19 (sentenza n. 140 del 2021 della Corte Costituzionale; si veda anche il dictum di Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna, Rv. 280432 – 02); ciò consente di fissare definitivamente il termine di prescrizione al 28 dicembre 2022, ossia ad una data posteriore, rispetto a quella – sopra già indicata – di emissione della sentenza di appello.
Le ulteriori censure difensive presentano, invece, un connotato di mera reiterazione, rispetto alle doglianze già prospettate dinanzi ai giudici di merito e, in tale sede, disattese con motivazione ampia e congruente, oltre che priva del pur minimo profilo di contraddittorietà. L’impugnazione, sostanzialmente, tende a provocare una rivisitazione della già compiuta disamina degli elementi di
valutazione e conoscenza emergenti dall’incarto processuale (sarebbe a dire, auspica il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità).
4.1. Il secondo e il terzo motivo, infatti, deducono l’insussistenza del contestato reato e il travisamento o la errata valutazione di prove. Tali doglianze presentano un carattere fattuale e confutativo, risolvendosi nell’invito a una nuova valutazione dei dati probatori presenti nell’incarto processuale.
4.2. Quanto al quarto motivo, mediante il quale viene invocata l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen., non vi è chi non ril che il Giudice a quo nella avversata pronuncia – ha svolto una ampia disamina, in ordine alla gravità del fatto ed alla sua offensività, valutando adeguatamente il fatto che l’imputata avesse piena consapevolezza della illiceità della condotta.
4.3. Il quinto motivo, a mezzo del quale viene domandata la conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria, è parimenti inammissibile, atteso che tale richiesta potrà eventualmente essere proposta in executivis.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ravvisandosi ipotesi di esonero – al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2024.