Ricorso Inammissibile: la Cassazione Non Riscrive i Fatti
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla struttura e i limiti del sistema giudiziario italiano, in particolare per quanto riguarda i ricorsi alla Suprema Corte. La decisione ribadisce con fermezza un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando si tenta di trasformare un giudizio di legittimità in un appello mascherato. Questo caso, riguardante una condanna per bancarotta fraudolenta, illustra perfettamente i paletti procedurali che ogni avvocato deve rispettare.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna alla Cassazione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un amministratore di società per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Perugia avevano ritenuto l’imputato colpevole di aver sottratto beni aziendali a danno dei creditori. L’imputato ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In sostanza, egli sosteneva che non vi fossero prove sufficienti per attribuire a lui, soggettivamente, la responsabilità delle distrazioni patrimoniali, insinuando che altri avrebbero potuto compiere tali operazioni.
La Decisione della Corte: Due Profili di Inammissibilità
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile sulla base di due distinti ma convergenti profili. Questo approccio sottolinea la rigorosità dei controlli di ammissibilità.
1. Il Divieto di Rivalutazione del Merito
Il motivo principale della decisione risiede nella natura stessa del ricorso. I giudici hanno rilevato come le argomentazioni dell’imputato non fossero altro che “mere doglianze in punto di fatto”. Egli non stava contestando un’errata applicazione della legge, ma chiedeva alla Cassazione una nuova e diversa valutazione degli elementi di prova, sperando in una conclusione a lui più favorevole. La Corte, richiamando consolidati orientamenti delle Sezioni Unite, ha ribadito che esula dai suoi poteri la “rilettura” degli elementi di fatto. La valutazione delle prove è riservata in via esclusiva ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non può essere oggetto di un riesame in sede di legittimità.
2. L’Inammissibilità Originaria dell’Appello
Oltre a ciò, la Corte ha individuato un vizio ancora più a monte. Il motivo di ricorso presentato in Cassazione ricalcava un motivo d’appello che era già di per sé inammissibile. L’atto di appello era stato formulato in termini “perplessi”, ovvero generici e allusivi, limitandosi a ipotizzare vagamente che “soggetti diversi” avessero potuto effettuare i prelievi contestati, senza fornire elementi specifici. La Cassazione ha sottolineato che le cause di inammissibilità non possono essere “sanate” o superate nel corso del processo. Pertanto, un’impugnazione inammissibile in appello rimane tale anche in Cassazione, che ha il dovere di rilevarla d’ufficio, indipendentemente da ciò che ha deciso il giudice precedente.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni giuridiche dell’ordinanza si fondano sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso per cassazione è consentito solo per violazioni di legge o per vizi di motivazione che siano palesi, logici e manifesti, non per contestare l’interpretazione delle prove data dal giudice. Presentare un ricorso inammissibile significa non solo ignorare questa distinzione, ma anche appesantire inutilmente il sistema giudiziario. La Corte ha voluto ribadire che per accedere al suo giudizio è necessario formulare censure specifiche e pertinenti, che mettano in discussione la corretta applicazione delle norme giuridiche e non la ricostruzione fattuale. La declaratoria di inammissibilità comporta, come in questo caso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a sottolineare la serietà del mancato rispetto delle regole procedurali.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia serve da monito per chi intende impugnare una sentenza di condanna. È cruciale comprendere che il ricorso in Cassazione non è un’ulteriore opportunità per ridiscutere la propria colpevolezza sulla base degli stessi fatti. Le impugnazioni devono essere tecnicamente precise, focalizzate su questioni di diritto e redatte in modo chiaro e specifico. La genericità, la perplessità o il tentativo di ottenere una rivalutazione del merito conducono inevitabilmente a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e la definitiva chiusura del caso.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: primo, perché chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare e rivalutare le prove, un compito che non le spetta; secondo, perché il motivo di ricorso era basato su un motivo d’appello originariamente troppo generico e vago, un difetto che non può essere sanato.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un processo?
No. Il ruolo della Corte di Cassazione è quello di effettuare un “giudizio di legittimità”, ovvero controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge. Non può entrare nel merito dei fatti o dare una nuova interpretazione delle prove.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un’impugnazione non consentita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31271 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31271 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PERUGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui il la Corte di Appello di Perugia ha confermato la sentenza del Tribunale di Perugia di condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione;
Rilevato che il motivo unico del ricorso -con cui il ricorrente denunzia vizio motivazione in relazione alla mancanza di prova quanto alla riferibilità soggettiva del condotta distrattiva – non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché è costituito mere doglianze in punto di fatto ed è manifestamente infondato perché il Collegio accede all’esegesi, fatta propria anche dalle Sezioni Unite, secondo cui, nel giudizio di legittimità, è consentito invocare una valutazione o rivalutazione degli elementi probatori al fine di trarn proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte d legittimità un giudizio di fatto che non le compete. Esula, infatti, dai poteri della Cor cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrar vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adegua valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260).
Rilevato peraltro che il motivo di ricorso è viziato da un’inammissibilità originaria quanto il corrispondente motivo di appello era formulato in termini “perplessi”, vale a di vagheggiando in maniera generica e meramente allusiva la possibilità che soggetti diversi dall’imputato – amministratore della società avessero potuto effettuare i prelievi. Tal anomalia va rilevata ora per allora perché l’inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a saNOMEria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sezioni Unite Galtelli, in motivazione Sez. 2, n. 40816 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 260359; Sez. 4, n. 16399 del 03/10/1990, COGNOME, Rv. 185996; Sez. 1, n. 3462 del 24/09/1987, COGNOME, Rv. 176912).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 10 aprile 2024.