Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Riesamina i Fatti
Quando un condannato presenta un appello alla Corte di Cassazione, è fondamentale distinguere tra contestazioni sulla corretta applicazione della legge e critiche sulla valutazione dei fatti. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce perfettamente questo confine, dichiarando un ricorso inammissibile perché basato esclusivamente su doglianze di fatto. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e i criteri con cui i giudici valutano la concessione di misure alternative alla detenzione.
I Fatti del Caso: Dalla Ricettazione alla Detenzione Domiciliare
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo a quattro mesi di reclusione per il reato di ricettazione. L’interessato aveva presentato un’istanza al Magistrato di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale, una misura che gli avrebbe consentito di scontare la pena fuori dal carcere. Tuttavia, il Magistrato aveva rigettato la richiesta, concedendogli in alternativa la detenzione domiciliare. Contro questa decisione, il condannato ha proposto opposizione al Tribunale di Sorveglianza, che ha però confermato il provvedimento iniziale. A questo punto, l’uomo ha deciso di portare il caso davanti alla Corte di Cassazione.
Le Censure Mosse con il Ricorso in Cassazione
Nel suo ricorso, il condannato, tramite il suo difensore, ha sollevato diverse critiche contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Le principali censure riguardavano:
1. Illogicità e apparenza della motivazione: Sosteneva che le ragioni fornite dal Tribunale fossero deboli e non adeguatamente giustificate.
2. Errata valutazione della pericolosità sociale: Contestava il giudizio sulla sua attuale pericolosità, ritenendo che il reato commesso fosse datato e di scarso allarme sociale.
3. Omessa valutazione della personalità: Lamentava che non fossero stati presi in considerazione la sua personalità e il programma di trattamento proposto.
In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di rivalutare gli elementi di fatto che avevano portato il Tribunale di Sorveglianza a negargli una misura più favorevole come l’affidamento in prova.
Le Motivazioni della Cassazione: Perché il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara e lineare. I giudici supremi hanno spiegato che le censure presentate non erano critiche sull’applicazione della legge, ma mere “doglianze versate in fatto”. Questo significa che il ricorrente non stava contestando un errore di diritto, ma stava chiedendo alla Cassazione di riesaminare e reinterpretare i fatti del caso, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (come il Tribunale di Sorveglianza) e non alla Corte di legittimità.
La Corte ha inoltre sottolineato come le argomentazioni del ricorso fossero una semplice riproposizione di questioni già adeguatamente esaminate e respinte dal Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo, infatti, aveva basato la sua decisione su un ragionamento logico e coerente, evidenziando elementi concreti che deponevano contro la concessione dell’affidamento in prova:
* Numerosi pregiudizi penali: Il passato del condannato era caratterizzato da diversi precedenti.
* Recidiva post-affidamento: Aveva commesso altri reati anche dopo aver già beneficiato in passato di un affidamento in prova, poi revocato.
* Indifferenza alle opportunità: Aveva dimostrato un atteggiamento di indifferenza verso le opportunità di trattamento offertegli, commettendo reati persino dopo la revoca di una misura di sicurezza come la libertà vigilata.
Questi elementi, secondo il Tribunale di Sorveglianza, dimostravano uno “stile di vita deviante” e un’assenza di revisione critica del proprio passato, rendendo inadeguata una misura ampia come l’affidamento in prova.
Conclusioni
La decisione della Cassazione ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici precedenti, a meno che la motivazione di questi ultimi non sia manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente. In questo caso, la motivazione del Tribunale di Sorveglianza è stata ritenuta solida e ben argomentata. Di conseguenza, il tentativo del ricorrente di ottenere una nuova valutazione fattuale si è scontrato con la dichiarazione di ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso del condannato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate erano ‘doglianze di fatto’, ovvero critiche alla valutazione delle circostanze e della personalità del condannato, e non contestazioni sulla corretta applicazione della legge. La Corte di Cassazione non può riesaminare il merito dei fatti.
Quali elementi ha considerato il Tribunale di Sorveglianza per negare l’affidamento in prova?
Il Tribunale ha considerato i numerosi pregiudizi penali del condannato, il fatto che avesse commesso nuovi reati dopo un precedente affidamento in prova (poi revocato) e anche dopo la revoca della libertà vigilata. Questi elementi indicavano un atteggiamento di indifferenza alle opportunità di trattamento e uno stile di vita deviante.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione della pericolosità sociale di un condannato?
Non direttamente. La valutazione della pericolosità sociale è un giudizio di merito, basato su fatti e circostanze. È possibile contestarla in Cassazione solo se la motivazione del giudice di merito è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ma non se si tratta semplicemente di un diverso apprezzamento dei medesimi fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15008 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15008 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NATALE NOME NOME a CAMPI SALENTINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha rigettato l’opposizione ex art. 678, comma 1 -ter cod. proc. pen., avverso l’ordinanza del 02/11/2022, a mezzo della quale il Magistrato relatore aveva rigettato l’istanza di affidamento ex art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, che era stata presentata da NOME COGNOME, accordandogli invece la detenzione domiciliare ex art. 47 -ter Ord. pen., in relazione alla pena di mesi quattro di reclusione, inflittagli con la sentenza del Tribunale di Lecce del 18/10/2018.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, deducendo illogicità e mera apparenza della motivazione, oltre che errata valutazione in ordine alla pericolosità sociale del condanNOME e, infine, omessa valutazione della personalità dello stesso e del programma trattamentale. Il reato di ricettazione in esecuzione è molto lontano nel tempo e di scarso allarme sociale; non sono emersi elementi concreti, in forza dei quali giungere alla conclusione che il ricorrente sia un soggetto pericoloso ed errata è anche, infine, la valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza in punto di revisione critica del pregresso agire, da parte del condanNOME.
Trattasi di censure non consentite in sede di legittimità, in quanto costituite da mere doglianze versate in fatto. Dette critiche, altresì, sono pedissequamente riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi – secondo un corretto argomentare giuridico, del tutto privo di spunti d illogicità e contraddittorietà – dal Tribunale di sorveglianza di Lecce. Inver nell’impugNOME provvedimento si sottolinea come il condanNOME non sia meritevole della ampia misura invocata, in considerazione anzitutto dei numerosi pregiudizi annoverati. Viene anche evidenziato come il condanNOME abbia perpetrato reati anche dopo aver fruito di un primo affidamento in prova, poi revocato, oltre che all’indomani della revoca della misura di sicurezza della libertà vigilata (ciò riprova dell’atteggiamento di indifferenza, rispetto alle opportunità trattamentali lui prospettate e della ininterrotta adozione di uno stile di vita deviante L’impugnazione, a fronte di tale apparato motivazionale, spende unicamente argomenti assertivi e apodittici, non atti a scalfire la tenuta logica dell’impugna ordinanza.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di
una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2024.