Ricorso inammissibile: la Cassazione ribadisce i limiti del giudizio di legittimità
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante lezione sui confini del giudizio di legittimità, dichiarando un ricorso inammissibile perché fondato su censure di mero fatto. Questa decisione sottolinea un principio cardine del nostro sistema processuale: la Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove, ma il custode della corretta applicazione della legge.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per il reato di cessione di sostanze stupefacenti. La responsabilità penale dell’imputato era stata affermata sulla base delle prove raccolte durante un’attività di osservazione condotta dalle forze dell’ordine. Gli operanti avevano assistito direttamente alla cessione della sostanza, procedendo all’arresto in flagranza di reato dell’individuo. Nonostante la condanna nei primi due gradi di giudizio, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione.
L’impugnazione in Cassazione e le doglianze
Nel suo ricorso, la difesa lamentava la violazione delle norme sulla valutazione della prova (art. 192 c.p.p.) e un vizio di motivazione da parte della Corte territoriale. Sostanzialmente, si contestava la ricostruzione dei fatti e l’affermazione della responsabilità penale, riproponendo argomenti già esaminati e respinti nel giudizio di appello. Il ricorrente, in altre parole, chiedeva alla Cassazione di effettuare una nuova e diversa valutazione delle prove, un’operazione che esula dalle competenze del giudice di legittimità.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e lineare. I giudici hanno chiarito che le censure mosse dall’imputato erano semplici ‘doglianze in punto di fatto’. La Corte d’Appello aveva già valutato gli elementi probatori, in particolare l’attività di osservazione degli agenti, giungendo a una conclusione logica e coerente. Non essendo emersa alcuna ‘manifesta illogicità’ nella valutazione di merito, non vi era spazio per un intervento della Cassazione.
La Suprema Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di stabilire se la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito sia l’unica possibile, ma solo di verificare che sia sorretta da una motivazione coerente e priva di vizi logici e giuridici. Tentare di ottenere in sede di legittimità un nuovo giudizio sui fatti costituisce una causa di inammissibilità del ricorso.
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di una causa di non colpevolezza, al versamento di una sanzione pecuniaria. In questo caso, la somma è stata quantificata in 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un monito fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale in Cassazione. È cruciale comprendere la distinzione tra vizi di legittimità (errori nell’applicazione della legge o motivazione illogica/contraddittoria) e censure di merito (diverso apprezzamento dei fatti e delle prove). Un ricorso basato esclusivamente su queste ultime è destinato all’inammissibilità. La decisione rafforza il ruolo della Cassazione come garante della nomofilachia, ovvero l’uniforme interpretazione della legge, e sottolinea che il processo penale trova la sua sede naturale per l’accertamento dei fatti nei primi due gradi di giudizio.
 
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a contestare la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove (cosiddette ‘doglianze in punto di fatto’), materie che erano già state esaminate e decise in modo non manifestamente illogico dalla Corte d’Appello. La Corte di Cassazione non può riesaminare il merito della vicenda.
Cosa significa che la Cassazione non può riesaminare il ‘fatto’?
Significa che la Corte di Cassazione, in quanto giudice di legittimità, ha il compito di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, ma non può effettuare una nuova valutazione delle prove o sostituire la propria ricostruzione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, salvo che non si dimostri l’assenza di colpa, anche al pagamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7575 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7575  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CANOSA DI PUGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso promosso nell’interesse di NOME COGNOME, che, con due motiv esaminabili congiuntamente essendo collegati – deduce la violazione dell’art. 192 cod. proc pen. e il vizio di motivazione in relazione all’affermazione della penale responsabil inammissibile in quanto costituito da mere doglianze in punto di fatto, peraltro riprodutt censure che la Corte territoriale ha rigettato con una valutazione di merito manifestamente illogica – e quindi non censurabile in sede di legittimità – avendo riba l’affermazione della penale responsabilità sulla base dell’attività di osservazione da parte operanti, che ebbero modo di notare l’attività di cessione della stupefacente da parte COGNOME, che fu arrestato in flagranza di reato (cfr. p. 4 della sentenza impugnata);
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024.