Ricorso Inammissibile: La Cassazione non è un Terzo Grado di Giudizio
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione definisca i propri limiti di intervento, ribadendo un principio fondamentale del nostro ordinamento: il giudizio di legittimità non serve a riesaminare i fatti. Quando un appello si trasforma in un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, il suo destino è segnato: un ricorso inammissibile. Analizziamo una decisione che chiarisce perfettamente questo concetto, riguardante un caso di rapina aggravata.
Il Caso: Dalla Condanna per Rapina all’Appello in Cassazione
Una donna veniva condannata in primo e secondo grado per il reato di rapina, commesso in concorso con un’altra persona. La difesa decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua strategia su tre motivi principali: la contestazione della reale partecipazione della donna al reato, il disconoscimento dell’aggravante dell’uso dell’arma e la critica alla sussistenza della recidiva qualificata.
Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto ogni doglianza, dichiarando il ricorso interamente inammissibile.
I Motivi del Ricorso e la Risposta della Corte
La Corte ha esaminato punto per punto le argomentazioni della difesa, evidenziandone la natura puramente fattuale e, di conseguenza, l’inadeguatezza per un giudizio di legittimità.
Primo Motivo: Contestazione della Partecipazione al Reato
La ricorrente sosteneva che il suo apporto causale alla rapina non fosse stato rilevante. La Cassazione ha replicato che tale censura era diretta a ottenere una “nuova ricostruzione dei fatti”, cosa non consentita. I giudici di merito, con motivazione logica e priva di vizi giuridici, avevano già stabilito la piena responsabilità dell’imputata sulla base di elementi concreti: il riconoscimento fotografico da parte della vittima e la sua partecipazione attiva nel prelevare la merce sottratta. Il suo tentativo di “tenere buono” il complice non è stato ritenuto una forma di desistenza.
Secondo Motivo: La Questione dell’Arma e il Ricorso Inammissibile
La difesa contestava anche l’aggravante dell’uso dell’arma. Anche in questo caso, il motivo è stato giudicato “meramente fattuale e manifestamente infondato”. La Corte ha sottolineato la coerenza delle sentenze di primo e secondo grado (la cosiddetta “doppia conforme”), le quali avevano logicamente argomentato che il complice aveva già brandito un’arma e che l’imputata era presente quando la pistola era stata prelevata da uno scooter poco prima del fatto.
Terzo Motivo: La Valutazione della Recidiva
Infine, la contestazione sulla recidiva qualificata è stata definita inammissibile e infondata. I giudici di merito avevano adeguatamente motivato la sussistenza dell’aggravante, ricostruendo la “sequenza recidivante” dell’imputata. I suoi numerosi precedenti per reati contro il patrimonio, la persona e l’amministrazione della giustizia delineavano un quadro di pericolosità sociale e assenza di resipiscenza, giustificando pienamente l’applicazione della recidiva.
Le Motivazioni della Decisione
La ragione di fondo che accomuna il rigetto di tutti i motivi è il principio che governa il giudizio in Cassazione. La Suprema Corte non è un “terzo giudice” del fatto. Il suo compito non è stabilire se l’imputata sia colpevole o innocente riesaminando le prove, ma verificare se i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente. Nel caso di specie, la Corte ha concluso che la motivazione della Corte d’Appello era “esente da vizi logici e giuridici” e che le argomentazioni della difesa costituivano unicamente un tentativo, non consentito, di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.
Conclusioni
Questa ordinanza è un monito importante: un ricorso per cassazione deve essere fondato su precise questioni di diritto. Contestare la credibilità di un testimone, l’interpretazione di una prova fotografica o la valutazione della pericolosità sociale, senza individuare un vizio di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione della sentenza, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Tale esito non solo conferma la condanna, ma comporta anche l’addebito delle spese processuali e il pagamento di una sanzione pecuniaria, rendendo la strategia difensiva controproducente.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può effettuare una nuova ricostruzione dei fatti o una diversa valutazione delle prove. Il suo ruolo è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare il merito della vicenda.
Perché il tentativo di “tenere buono” il complice non è stato considerato una desistenza dal reato?
La Corte ha ritenuto che tale comportamento non si qualificasse come desistenza, poiché l’imputata ha comunque partecipato attivamente alla rapina, prelevando i beni sottratti alla vittima, senza che emergesse alcuna costrizione nei suoi confronti.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, la persona che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44862 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44862 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN BENEDETTO DEL TRONTO il 26/08/1989
avverso la sentenza del 07/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOMECOGNOME
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la dichiarazione responsabilità per il reato di cui agli artt. 110-629 cod. pen. per quanto attiene alla sussist di un rilevante apporto causale, non è consentito in sede di legittimità, in quanto diretto ottenere una nuova ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da qu adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridi esplicitato le ragioni del suo convincimento, ritenendo che: a) la persona offesa ha effettua un riconoscimento fotografico, individuando l’imputata e il COGNOME come i responsabili del reato; b) l’imputata ha partecipato attivamente alla rapina, avendo prelevato i gene alimentari sottratti alla vittima, senza che il suo tentativo di “tenere buono” il còrreo qualificarsi come desistenza e senza che emerga costrizione nei suoi confronti (pp. 6-7);
che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta il riconoscimento dell’aggravant di cui all’art. 628, comma 3, n. 1 cod. pen., è parimenti meramente fattuale e manifestamente infondato, alla luce del logico apparato argomentativo della doppia conforme pronuncia di condanna (la sentenza di appello sottolinea che, poco prima, i due coimputati erano già entrati nello stesso negozio e COGNOME aveva già brandito verso la persona offesa un’altra arma e quella di primo grado riporta l’osservazione della polizia giudiziaria secondo cui l’imput avrebbe prelevato la pistola dal vano dello scooter davanti alla ricorrente);
che il terzo motivo di ricorso, con il quale si contesta la sussistenza della reci qualificata, non è consentito ed è manifestamente infondato, poiché i giudici di merit ricostruiscono concordemente, con adeguata argomentazione, la sequenza recidivante che lega – quale fattore criminogeno – i plurimi precedenti, per reati contro il patrimonio, cont persona, contro l’amministrazione della giustizia, in violazione del T.U. in materia stupefacenti, al delitto per cui si procede, evidenziando la maggiore pericolosità per collettività, in assenza del minimo segno di resipiscenza (p. 7);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 29 ottobre 2024