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Ricorso inammissibile: quando è solo reiterativo

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per furto, poiché i motivi presentati erano una mera ripetizione di quelli già respinti in appello. La decisione ribadisce il principio secondo cui l’impugnazione deve contenere critiche specifiche e nuove alla sentenza contestata, confermando la corretta qualificazione del reato come furto consumato con strappo.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Motivi Reiterativi

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultima fase del processo penale, un momento cruciale in cui si può contestare la legittimità di una sentenza. Tuttavia, non tutti i ricorsi superano il vaglio della Suprema Corte. Un recente provvedimento ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso inammissibile è tale quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte nei gradi di giudizio precedenti. Analizziamo questa ordinanza per comprendere le ragioni dietro tale decisione e le sue implicazioni pratiche.

Il Caso in Esame: Dal Furto con Strappo al Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per tre episodi di furto, di cui uno qualificato come furto con strappo ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due questioni principali: la riqualificazione di un furto da consumato a tentato e la derubricazione del furto con strappo a una fattispecie meno grave.

La difesa sosteneva che in uno degli episodi non vi fosse stata piena disponibilità della refurtiva e che, nell’altro, mancasse la violenza tipica dello “strappo”. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato completamente l’istanza, dichiarandola inammissibile.

Il Principio del Ricorso Inammissibile per Genericità

La Suprema Corte ha costantemente affermato che un ricorso per cassazione non può essere una semplice fotocopia dei motivi d’appello. Per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche e pertinenti rivolte direttamente alla motivazione della sentenza impugnata. Se l’atto di impugnazione ignora le argomentazioni del giudice precedente e si limita a riproporre le stesse doglianze, cade nel vizio di aspecificità.

La Correlazione tra Decisione Impugnata e Motivi d’Appello

Il cuore del problema, come evidenziato dalla Corte, è la mancanza di correlazione tra le ragioni esposte nella sentenza d’appello e quelle poste a fondamento del ricorso. Quest’ultimo non può semplicemente ignorare le risposte fornite dal giudice del gravame, ma deve contestarle punto per punto, evidenziando eventuali errori logici o giuridici. In caso contrario, il ricorso diventa un dialogo sterile e non uno strumento efficace di giustizia.

La Valutazione della Cassazione sul Ricorso Inammissibile

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile proprio perché meramente reiterativo. I giudici hanno sottolineato come entrambe le questioni sollevate fossero già state affrontate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello.

Consumazione del Reato vs. Tentativo

In merito al primo motivo, la Corte ha ricordato che il criterio distintivo tra furto consumato e tentato risiede nel conseguimento, da parte dell’imputato, della piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva. Anche se tale disponibilità dura per un tempo brevissimo, il reato si considera consumato. La Corte d’Appello aveva correttamente applicato questo principio, e il ricorso non ha offerto argomenti validi per confutarne la logica.

La Qualificazione del Furto con “Strappo”

Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte territoriale, basandosi sull’esame dei filmati di videosorveglianza, aveva accertato che l’impossessamento del bene era avvenuto tramite uno “strappo”. La Cassazione ha confermato che tale condotta, pur essendo esercitata sulla cosa e non direttamente sulla persona, integra un grado di violenza finalizzato allo spossessamento, rientrando a pieno titolo nella fattispecie dell’art. 624-bis cod. pen.

Le Motivazioni

La motivazione centrale della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 591, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale, che sanziona con l’inammissibilità i ricorsi non specifici. La Corte di Cassazione ha chiarito che la specificità non riguarda solo la chiarezza espositiva, ma soprattutto la capacità del ricorrente di confrontarsi criticamente con la decisione impugnata. Un ricorso che si limita a riproporre le medesime questioni già discusse e ritenute infondate dal giudice d’appello è, per definizione, non specifico e quindi inammissibile. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma di controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Di conseguenza, riproporre le stesse valutazioni di merito già adeguatamente motivate in appello equivale a chiedere alla Cassazione un giudizio che non le compete.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per la pratica legale: la redazione di un ricorso per cassazione richiede un’analisi critica e approfondita della sentenza di secondo grado. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione; è necessario dimostrare in modo specifico e puntuale dove e perché il giudice d’appello ha errato nell’applicare la legge o nel ragionare sui fatti. La mera riproposizione di argomenti già vagliati non solo è inefficace, ma conduce a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la condanna.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso è considerato inammissibile quando è generico, non specifico, o si limita a ripetere i medesimi motivi già discussi e motivatamente respinti dal giudice del grado precedente, senza confrontarsi criticamente con la decisione impugnata.

Qual è la differenza tra furto tentato e furto consumato secondo la Corte?
Il furto si considera consumato nel momento in cui l’autore del reato acquisisce la piena, autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, anche se solo per un breve lasso di tempo. Se tale disponibilità non viene conseguita, il reato rimane allo stadio del tentativo.

Cosa caratterizza il furto con “strappo” ai sensi dell’art. 624-bis cod. pen.?
Il furto con “strappo” è una condotta connotata da un certo grado di violenza, sebbene esercitata sulla cosa e non sulla persona, che è direttamente finalizzata a sottrarre il bene alla vittima. L’elemento chiave è la forza impressa sull’oggetto per vincerne la resistenza e ottenerne il possesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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