Ricorso Inammissibile: La Cassazione non è un Terzo Grado di Giudizio
Quando un ricorso arriva in Corte di Cassazione, i margini di discussione sono molto stretti. Non si possono rimettere in discussione i fatti, ma solo le violazioni di legge. Una recente ordinanza ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile perché basato su argomenti che miravano a una nuova valutazione del merito. Analizziamo insieme questa decisione per capire i limiti del giudizio di legittimità.
Il Caso: Violazione degli Obblighi e la Giustificazione del Malore
Il ricorrente era stato condannato in primo e secondo grado per la violazione degli obblighi derivanti da una misura di prevenzione, come previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011. In sostanza, non si era fatto trovare presso la sua abitazione durante un controllo.
La sua difesa si basava su una precisa giustificazione: un malore improvviso che lo aveva costretto a recarsi in ospedale. Tuttavia, i giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) non avevano ritenuto credibile questa versione. La Corte d’Appello, in particolare, aveva sottolineato come l’accesso all’ospedale fosse stato considerato un pretesto, anche perché l’interessato non aveva avvisato le autorità di pubblica sicurezza del presunto malore e del conseguente allontanamento.
I Motivi del Ricorso e perché è un Ricorso Inammissibile
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali, tutti respinti dalla Suprema Corte.
Primo Motivo: La Rivalutazione dei Fatti
Il ricorrente contestava la valutazione sull’elemento soggettivo del reato, sostenendo la sua buona fede legata al malore. La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile perché si trattava di una chiara richiesta di riesaminare i fatti. La Corte d’Appello aveva già ampiamente e logicamente motivato perché la versione dell’imputato non fosse credibile. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se questa è immune da vizi logici o giuridici.
Secondo e Terzo Motivo: Tenuità del Fatto e Recidiva
Il secondo motivo riguardava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto). Anche in questo caso, la Corte ha ritenuto il motivo una mera contestazione della valutazione di merito, poiché il giudice d’appello aveva adeguatamente spiegato la gravità concreta del fatto. Similmente, il terzo motivo, che contestava la sussistenza della recidiva, è stato giudicato troppo generico a fronte di una motivazione specifica e dettagliata della Corte territoriale.
Quarto Motivo: Il Bilanciamento delle Circostanze
Infine, il ricorrente si doleva del giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti. La Cassazione ha bollato anche questo motivo come generico e infondato. La Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato che un bilanciamento più favorevole era impedito dal divieto posto dall’art. 69, comma 4, c.p., a causa della natura qualificata della recidiva contestata all’imputato.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La decisione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. I giudici della Cassazione non possono riesaminare le prove o sostituire la propria interpretazione dei fatti a quella dei giudici delle fasi precedenti. Il loro compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, completa e non contraddittoria.
In questo caso, tutti i motivi di ricorso si traducevano, in sostanza, in una richiesta di riconsiderare elementi fattuali già vagliati e decisi. Erano argomentazioni ‘meramente confutative’, volte a contrapporre una diversa lettura delle prove senza evidenziare reali violazioni di legge. Di conseguenza, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’intero ricorso inammissibile.
Conclusioni: L’Importanza dei Limiti del Giudizio di Legittimità
Questa ordinanza è un utile promemoria dei confini del ricorso in Cassazione. Proporre motivi che attengono esclusivamente al fatto, già ampiamente discussi e motivati nei gradi di merito, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. La decisione comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Per una difesa efficace, è cruciale concentrare il ricorso su vizi di legittimità concreti, come l’errata applicazione di una norma o un difetto logico palese nella motivazione, piuttosto che tentare di ottenere una terza valutazione dei medesimi fatti.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché i motivi presentati non denunciavano violazioni di legge, ma si limitavano a chiedere una nuova valutazione dei fatti già esaminati e decisi dalla Corte d’Appello, un’operazione non consentita nel giudizio di legittimità.
La giustificazione di un’assenza per un malore improvviso è sempre valida per chi è sottoposto a una misura di prevenzione?
No. Secondo quanto emerge dalla decisione, la validità di tale giustificazione dipende dalla sua credibilità, valutata dal giudice di merito. In questo caso, la versione del ricorrente è stata ritenuta un pretesto, anche per non aver avvisato le autorità competenti.
Cosa ha impedito un bilanciamento più favorevole delle circostanze del reato (attenuanti vs aggravanti)?
La presenza di una ‘recidiva qualificata’ ha impedito un bilanciamento più favorevole. L’articolo 69, comma 4 del codice penale, infatti, vieta in questi casi che le circostanze attenuanti possano essere considerate prevalenti sull’aggravante della recidiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5316 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5316 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 25/01/1995
avverso la sentenza del 10/07/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, che ha confermato la pronuncia di primo grado con cui è stato condannato per il reato cui all’art. 75, comma 2, d. Igs. n. 159 del 2011;
considerato che il primo motivo del ricorso, con cui si contesta violazione di legge vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato inammissibile in quanto versato integralmente in fatto e meramente riproduttivo di profili censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla sentenz impugnata (si veda pagine 4 e 5): il giudice di appello, con argomentazioni puntuali chiaramente espresse, ha evidenziato come la versione dei fatti fornita da COGNOME non fosse credibile e che l’accesso all’ospedale da parte del COGNOME per l’asserito malore che lo ave colto (e del quale non aveva dato avviso all’autorità di PS) fosse stato pretestuoso preordinato al fine di giustificare l’assenza dall’abitazione;
osservato, quanto al secondo motivo, che la Corte territoriale – con motivazione adeguata e non manifestamente illogica – ha escluso l’applicabilità dell’art.131-bis cod. pen. attesa la concreta gravità del fatto: il ricorso articola sul punto deduzioni a t meramente confutativo, volte ad una non consentita rivalutazione di merito;
ritenuto che anche il terzo motivo, con cui si contesta vizio della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della recidiva, è inammissibile, perché con esso vengono formulati in termini del tutto generici rilievi sull’applicazione della citata aggravante, a di una motivazione specifica ed esaustiva sul punto formulata dalla Corte territoriale (pa 6);
rilevato infine che l’ultimo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente si duol giudizio di comparazione effettuato dai Giudici di merito tra circostanze è generico, aspecifi e manifestamente infondato, atteso che, con motivazione logica e corretta, con la quale peraltro il ricorrente omette di confrontarsi, la Corte ha evidenziato come ostasse ad un maggiormente favorevole comparazione il divieto sancito dall’art. 69 comma 4 cod. pen., attesa la natura qualificata della sussistente recidiva;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.