Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36853 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36853 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ANZIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/03/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che i due motivi di ricorso, che deducono rispettivamente, il vizio di motivazione in ogni forma in relazione alla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa sull’avvenuto tentativo di estorsione aggravata dall’uso delle armi e la violazione della legge penale per la mancata derubricazione del suddetto reato in quello di minacce aggravate dall’uso delle armi, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto ed al tempo stesso sono indeducibili, perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione dì quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01);
ritenuto che il primo motivo di ricorso, inoltre, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando la illogicità della motivazione sulla base di un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo dì sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260-01);
che, in particolare, il suddetto motivo di ricorso non si confronta con la corretta valutazione del compendio probatorio contenuto nella sentenza impugnata, che alla pagina 5 chiarisce come le dichiarazioni della persona offesa siano credibili perché la stessa si è determinata a presentare denuncia dopo l’intervento intimidatorio posto in essere dall’imputato, anche ammettendo le proprie pregresse responsabilità, ed inoltre tali dichiarazioni hanno trovato riscontro oggettivo nel contenuto degli screenshot prodotti in giudizio e nel sequestro della pistola scacciacani rinvenuta con la perquisizione domiciliare, sicché tali argomentazioni si risolvono in una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01);
che, in particolare, il secondo motivo di ricorso non si confronta effettivamente con le logiche ed argomentate valutazioni in diritto della sentenza impugnata, che illustra correttamente come l’episodio intimidatorio fosse già stato già stato preannunciato alla vittima, richiamandone specificamente sia la ragione, che la circostanza che il ricorrente ne sarebbe stato l’autore, di modo che l’imputato e si è limitato a proferire la minaccia di morte, non avendo alcuna necessità di spiegarne il motivo, in stretta contiguità temporale con le richieste estorsive e in diretto collegamento con le stesse, come compiutamente evidenziato dai giudici di merito, con argomentazioni che non si prestano ad alcuna censura in questa sede;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 10 ottobre 2025.