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Ricorso inammissibile: quando è solo doglianza di fatto

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per spaccio di lieve entità. I motivi, relativi all’applicazione della recidiva e alla mancata continuazione con un altro reato, sono stati rigettati in quanto considerate mere doglianze di fatto, ovvero tentativi di rivalutare le prove già esaminate correttamente nei gradi di merito, senza sollevare questioni di legittimità.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Decisione della Cassazione su Recidiva e Continuazione

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione affronti un ricorso inammissibile, delineando i confini tra questioni di legittimità, di sua competenza, e questioni di merito, riservate ai giudici dei gradi inferiori. In questa analisi, approfondiremo una pronuncia che ribadisce principi fondamentali in materia di impugnazioni penali, con particolare attenzione ai concetti di recidiva e continuazione del reato.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in via definitiva, con rito abbreviato, alla pena di quattro mesi di reclusione e 688 euro di multa per un reato legato a sostanze stupefacenti di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due specifici motivi di contestazione contro la sentenza della Corte d’Appello.

L’Appello in Cassazione: I Motivi del Ricorso

Il ricorrente basava la sua impugnazione su due principali argomenti:

1. Errata applicazione della recidiva: Contestava la decisione dei giudici di merito di applicare l’aggravante della recidiva.
2. Mancata applicazione della continuazione: Lamentava il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione con un altro reato, accertato in un diverso procedimento penale.

Entrambi i motivi miravano a ottenere una revisione della pena, sostenendo una violazione di legge da parte della corte territoriale.

La Decisione della Corte: Un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello preliminare, stabilendo che i motivi presentati non erano idonei a essere esaminati in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro a favore della Cassa delle Ammende, a causa della colpa nell’aver promosso un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Dichiarato Inammissibile

La Corte ha spiegato che i motivi del ricorso erano in realtà delle ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, il ricorrente non ha evidenziato una vera e propria violazione di legge, ma ha tentato di ottenere una nuova valutazione delle prove e delle circostanze fattuali, un’attività preclusa alla Corte di Cassazione. Il ricorso si limitava a riproporre argomentazioni già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza una critica specifica e puntuale.

Nello specifico, la Corte ha osservato che:

* Sulla recidiva: La sua applicazione era pienamente giustificata. L’imputato non solo era un ‘pluripregiudicato specifico’ (cioè aveva già commesso reati dello stesso tipo), ma aveva commesso il nuovo reato mentre si trovava agli arresti domiciliari per un altro delitto. Queste circostanze fattuali, correttamente valutate dal giudice di merito, rendevano la decisione incensurabile.
* Sulla continuazione: Anche in questo caso, la decisione della Corte d’Appello era stata logica e giuridicamente corretta. Il reato in esame era stato commesso il 3 novembre 2023, mentre quello precedente risaliva al 15 giugno 2022, quasi un anno e mezzo prima. Inoltre, le modalità erano diverse: il primo reato riguardava un quantitativo maggiore di sostanza stupefacente ed era stato commesso sulla pubblica via, mentre il secondo era avvenuto in casa. Queste differenze fattuali impedivano di configurare un ‘medesimo disegno criminoso’, elemento essenziale per il riconoscimento della continuazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza è un importante monito per chi intende presentare ricorso in Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione del giudice di merito; è necessario individuare e argomentare una specifica violazione di legge o un vizio logico manifesto nella motivazione della sentenza. Tentare di riaprire la discussione sui fatti o sulla valutazione delle prove si traduce, come in questo caso, in una declaratoria di inammissibilità e in un’ulteriore condanna economica. La distinzione tra merito e legittimità rimane un pilastro fondamentale del nostro sistema processuale penale.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando si limita a presentare doglianze di fatto, riproponendo deduzioni già valutate e respinte dal giudice di merito, invece di sollevare specifiche violazioni di legge o vizi di motivazione.

Perché nel caso di specie è stata confermata l’applicazione della recidiva?
La recidiva è stata correttamente applicata perché l’imputato era un pluripregiudicato specifico e, soprattutto, ha commesso il reato mentre si trovava già agli arresti domiciliari per un altro delitto, dimostrando una maggiore propensione a delinquere.

Per quale motivo non è stata riconosciuta la continuazione tra i reati?
La continuazione è stata esclusa perché mancava il presupposto del ‘medesimo disegno criminoso’. Ciò è stato desunto dalla notevole distanza temporale tra i due reati (quasi un anno e mezzo) e dalle diverse modalità di commissione (luogo, quantitativo di sostanza).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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