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Ricorso inammissibile: quando è rivalutazione dei fatti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per reati di droga e resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso non presentavano vizi di legittimità, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito esclusivo dei giudici di merito. Di conseguenza, la condanna è stata confermata e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per rivalutazione dei fatti: la Cassazione fa chiarezza

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sui limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Quando un appello si concentra sulla ricostruzione degli eventi già valutati nei gradi precedenti, il suo esito è segnato: si tratta di un ricorso inammissibile. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio la distinzione tra vizio di legittimità e riesame del merito.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un procedimento penale in cui un imputato era stato condannato sia in primo grado che in appello per due distinti reati. Il primo, riqualificato nel corso del giudizio, era relativo alla violazione della legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90), mentre il secondo riguardava la resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.).

Non accettando la decisione della Corte d’Appello di Bologna, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando specificamente la motivazione della sentenza di secondo grado in merito all’affermazione della sua responsabilità penale per il reato di droga.

La contestazione del ricorrente: vizio di motivazione

Il fulcro del ricorso verteva su una presunta debolezza della motivazione fornita dalla Corte di merito. La difesa lamentava una “manifesta illogicità e contraddittorietà del discorso giustificativo”, sostenendo che il ragionamento dei giudici d’appello non fosse sufficientemente solido per confermare la condanna per la violazione della normativa sugli stupefacenti. In sostanza, si chiedeva alla Suprema Corte di riesaminare il percorso logico che aveva portato i giudici a ritenere provata la colpevolezza dell’imputato.

La decisione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, esaminando i motivi presentati, ha rapidamente individuato la natura del ricorso. Dietro l’apparente denuncia di un vizio di legittimità, le argomentazioni della difesa celavano in realtà un tentativo di ottenere una nuova valutazione del fatto e un diverso apprezzamento del materiale probatorio.

La Suprema Corte ha sottolineato che attività come la ricostruzione della dinamica degli eventi e la valutazione del peso delle prove sono di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il giudizio di Cassazione, invece, è un giudizio di legittimità, il cui scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non di stabilire se i fatti si siano svolti in un modo piuttosto che in un altro.

Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

Nelle sue motivazioni, la Corte ha spiegato che la sentenza della Corte d’Appello, così come quella di primo grado, presentava una motivazione “congrua e adeguata”, del tutto priva dei vizi logici denunciati. Il ragionamento dei giudici di merito era fondato su corretti criteri di inferenza e su “condivisibili massime di esperienza”, risultando inoltre coerente e convergente tra i due gradi di giudizio. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno direttamente esaminato le prove e sentito i testimoni. Poiché l’appello tentava proprio questo, superando i confini del giudizio di legittimità, la sua inammissibilità era inevitabile.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la conclusione a cui sono giunti i giudici di merito; è necessario individuare un preciso errore di diritto o un vizio logico manifesto e insanabile nella motivazione. Un ricorso che si limita a proporre una lettura alternativa delle prove o una diversa ricostruzione dei fatti è destinato a essere dichiarato inammissibile. Per l’imputato, questa decisione comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, pur presentandosi come una contestazione di un vizio di legittimità, in realtà mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado e non alla Corte di Cassazione.

Qual è la differenza tra un giudizio di legittimità e un giudizio di merito?
Il giudizio di merito (primo grado e appello) si occupa di ricostruire e valutare i fatti del caso per determinare la colpevolezza o l’innocenza. Il giudizio di legittimità (Cassazione) non riesamina i fatti, ma controlla che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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