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Ricorso inammissibile: quando è ripropositivo?

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché i motivi presentati erano una mera ripetizione di argomentazioni già valutate e respinte dalla Corte d’Appello. La decisione sottolinea come la presenza di una recidiva qualificata precluda l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione conferma la condanna per motivi ripetitivi

L’ordinanza della Corte di Cassazione del 12 luglio 2024 offre un’importante lezione sulla procedura penale, chiarendo quando un ricorso inammissibile viene dichiarato tale, soprattutto se basato su motivi meramente ripetitivi. Questa decisione evidenzia i limiti del giudizio di legittimità e le conseguenze per chi tenta di riproporre argomenti già esaminati e respinti.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Roma con sentenza del 26 ottobre 2023, ha presentato ricorso per Cassazione. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della decisione di secondo grado, contestando principalmente il riconoscimento della recidiva qualificata e la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.

La Decisione della Corte: Focus sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte, con una sintetica ma incisiva ordinanza, ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno stabilito che i motivi addotti dal ricorrente non erano ammissibili in sede di legittimità. Essi, infatti, non introducevano nuove questioni di diritto, ma si limitavano a riproporre le medesime doglianze già adeguatamente esaminate e disattese con argomentazioni giuridicamente corrette dal giudice di merito.

La Corte ha sottolineato che il tentativo di ottenere un nuovo esame del merito attraverso la ripetizione di censure già vagliate è contrario alla funzione stessa del giudizio di Cassazione, che è deputato al solo controllo della corretta applicazione della legge (controllo di legittimità) e non a una terza valutazione dei fatti.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni alla base dell’ordinanza si fondano su un principio consolidato nella giurisprudenza. La Corte ha ritenuto che le argomentazioni del ricorrente fossero “doglianze riproduttive”, ovvero una semplice ripetizione di profili di censura già vagliati e respinti. In particolare, il giudice di merito aveva correttamente motivato su due punti cruciali:

1. La recidiva qualificata: La Corte d’Appello aveva ritenuto sussistente l’aggravante della recidiva in modo giuridicamente corretto, basandosi sugli elementi processuali a disposizione.
2. L’esclusione dell’art. 131-bis c.p.: La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata legittimamente esclusa proprio in conseguenza del riconoscimento della recidiva. La giurisprudenza costante, richiamata dalla stessa Cassazione, stabilisce che la condizione di recidivo è ostativa all’applicazione di tale beneficio.

Di conseguenza, non essendoci vizi di legittimità nell’operato del giudice di secondo grado, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale per chi intende adire la Corte di Cassazione: il ricorso non può essere una semplice riedizione del precedente atto di appello. Per avere una possibilità di successo, è necessario articolare censure specifiche contro la sentenza impugnata, evidenziando vizi di violazione di legge o difetti di motivazione che non siano già stati affrontati e risolti. Un ricorso inammissibile non solo non porta all’annullamento della condanna, ma comporta anche ulteriori oneri economici per il ricorrente. Pertanto, un’attenta valutazione preliminare sull’ammissibilità e fondatezza dei motivi è un passo imprescindibile prima di intraprendere il giudizio di legittimità.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi proposti non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, ad esempio perché si limitano a ripetere argomentazioni già esaminate e correttamente respinte dal giudice di merito, senza sollevare nuove questioni sulla corretta applicazione della legge.

Perché la Corte non ha applicato la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte non ha applicato tale beneficio perché la sua applicazione era preclusa dalla riconosciuta recidiva qualificata del ricorrente. La giurisprudenza consolidata ritiene che lo stato di recidivo sia ostativo alla concessione della non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta due conseguenze principali per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali del giudizio di Cassazione e il versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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