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Ricorso inammissibile: quando è reiterazione di motivi

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano una mera ripetizione di quelli già respinti in appello. Il caso riguardava reati di contraffazione e ricettazione. La decisione sottolinea che il ricorso per cassazione non è un terzo grado di merito e la semplice riproposizione delle stesse argomentazioni, senza critiche specifiche alla sentenza impugnata, porta all’inammissibilità e alla condanna al pagamento di spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Reiterazione dei Motivi

Quando si arriva dinanzi alla Corte di Cassazione, è fondamentale comprendere che non si tratta di un terzo processo sul merito dei fatti, ma di un giudizio di legittimità. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce le conseguenze di un ricorso inammissibile, presentato riproponendo le stesse argomentazioni già respinte in Appello. Analizziamo la decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Processo

Due soggetti, condannati nei primi due gradi di giudizio per reati legati all’introduzione e al commercio di prodotti con marchi contraffatti (art. 474 c.p.) e alla ricettazione (art. 648 c.p.), hanno proposto ricorso per Cassazione. I loro motivi di doglianza si concentravano su presunti vizi di motivazione e violazioni di legge nella sentenza della Corte d’Appello, contestando la valutazione delle prove sulla contraffazione e sulla loro consapevolezza della provenienza illecita della merce. Inoltre, lamentavano la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

L’Analisi della Corte e il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha dichiarati integralmente inammissibili. La decisione si fonda su due principi cardine del giudizio di legittimità.

La Reiterazione dei Motivi d’Appello

Il primo punto cruciale riguarda la natura dei motivi presentati. I giudici hanno rilevato che i primi sei motivi di ricorso non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già dedotti davanti alla Corte d’Appello. Quest’ultima li aveva puntualmente esaminati e disattesi con una motivazione congrua e logica. La Cassazione ribadisce che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o di fornire una diversa lettura del compendio probatorio. Un ricorso è ammissibile solo se contesta specificamente le argomentazioni giuridiche e logiche della sentenza impugnata, evidenziandone le presunte falle, non se si limita a riproporre le stesse tesi già bocciate. Un ricorso così strutturato è considerato solo “apparente” e, di conseguenza, inammissibile.

La Questione della Particolare Tenuità del Fatto

Anche i motivi relativi alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. sono stati giudicati manifestamente infondati. La Corte ha osservato che i ricorrenti non si sono confrontati adeguatamente con la motivazione della Corte d’Appello, la quale aveva giustificato il diniego facendo riferimento al “considerevole quantitativo di merce sequestrata”. Inoltre, la Suprema Corte ha aggiunto un’importante precisazione di diritto: per alcuni dei reati contestati, la declaratoria di estinzione per prescrizione (un esito più favorevole per l’imputato) prevale sulla possibile esclusione della punibilità per tenuità del fatto, come stabilito da una precedente sentenza (Cass. n. 43700/2021).

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione dell’ordinanza si basa sul principio consolidato secondo cui il ricorso per Cassazione deve essere un veicolo di critica mirata alla decisione impugnata, non un’occasione per tentare una terza valutazione del merito. Quando i motivi sono una mera riproposizione di quelli d’appello, senza un confronto dialettico con le ragioni esposte dal giudice del grado precedente, il ricorso perde la sua funzione e viene dichiarato inammissibile. Questa inammissibilità comporta, per legge, la condanna dei ricorrenti non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma a titolo sanzionatorio alla Cassa delle ammende, qui quantificata in tremila euro per ciascuno.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un chiaro monito: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’elevata specializzazione e la capacità di formulare censure specifiche contro la struttura logico-giuridica della sentenza d’appello. La semplice speranza che un diverso collegio giudicante possa rivalutare i fatti in modo più favorevole è destinata a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità. Le conseguenze non sono solo la conferma della condanna, ma anche un ulteriore esborso economico a titolo di sanzione, a sottolineare la necessità di un uso ponderato e tecnicamente corretto di questo importante strumento di impugnazione.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre cause, si limita a ripetere (“pedissequa reiterazione”) i motivi già presentati e respinti nel giudizio d’appello, senza formulare critiche specifiche e pertinenti alla motivazione della sentenza impugnata.

Perché la Corte non ha applicato la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha ritenuto la richiesta manifestamente infondata perché i ricorrenti non hanno contestato validamente la motivazione della Corte d’Appello, che aveva escluso tale beneficio in ragione del considerevole quantitativo di merce sequestrata. Inoltre, per alcuni reati, la prescrizione, essendo un esito più favorevole, prevale su questa causa di non punibilità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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