Ricorso inammissibile: La Cassazione chiarisce i limiti dell’appello
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 11460 del 2024 offre un’importante lezione sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, chiarendo perché un’impugnazione può essere dichiarata inammissibile. Il caso in esame dimostra come la presentazione di motivi generici, ripetitivi o del tutto nuovi in sede di legittimità conduca inevitabilmente a una pronuncia di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Comprendere questi principi è fondamentale per evitare di incorrere in errori procedurali che precludono l’esame nel merito delle proprie ragioni.
I fatti del caso
Una persona veniva condannata dalla Corte d’Appello di Bologna. Avverso tale sentenza, proponeva ricorso per Cassazione basato su tre motivi principali. I primi due motivi lamentavano vizi procedurali e l’omessa applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Il terzo motivo, invece, contestava l’esistenza stessa del fatto materiale del reato (previsto dall’art. 642 c.p.), sollevando un vizio di motivazione della sentenza impugnata.
La decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. I giudici hanno ritenuto che i primi due motivi fossero una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, infatti, aveva fornito una motivazione logica e completa, spiegando perché la particolare tenuità del fatto non fosse applicabile, considerate le rilevanti conseguenze economiche del reato. Per quanto riguarda il terzo motivo, la Corte ha rilevato che la questione della insussistenza del fatto materiale non era mai stata sollevata nei motivi d’appello, rappresentando quindi una doglianza nuova e, come tale, non ammissibile in sede di legittimità.
Le motivazioni
La decisione si fonda su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, la Corte ribadisce che il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un giudizio di legittimità. Non è possibile, quindi, riproporre le stesse identiche questioni già vagliate e decise, a meno che non si contesti la motivazione della sentenza precedente con argomenti nuovi e specifici che ne evidenzino l’illogicità o la contraddittorietà. I motivi che si limitano a essere reiterativi sono, per definizione, inammissibili.
In secondo luogo, viene sottolineata l’importanza della cosiddetta “catena devolutiva”. Le questioni sottoposte all’esame della Cassazione devono essere state precedentemente devolute al giudice d’appello. Introdurre per la prima volta in sede di legittimità una censura che poteva e doveva essere mossa in appello costituisce un’interruzione di questa catena, che impedisce alla Corte Suprema di esaminare la nuova doglianza. Nel caso specifico, contestare l’esistenza del fatto materiale per la prima volta in Cassazione è stato considerato un tentativo inammissibile di ampliare l’oggetto del giudizio.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame è un monito per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è essenziale che i motivi di ricorso siano specifici, non meramente ripetitivi e che non introducano questioni del tutto nuove rispetto a quelle discusse nel grado precedente. La condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende evidenzia le conseguenze negative di un’impugnazione che non rispetta i rigorosi paletti procedurali stabiliti dalla legge. È quindi cruciale affidarsi a una difesa tecnica che sappia articolare le censure in modo corretto, concentrandosi sui vizi di legittimità della decisione impugnata e non su una sterile riproposizione di argomenti di merito.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se i motivi sono semplici ripetizioni di argomenti già respinti in appello (motivi reiterativi) o se introducono per la prima volta questioni che non sono state oggetto del precedente grado di giudizio, interrompendo la ‘catena devolutiva’.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘reiterativo’?
Significa che l’appellante si limita a ripresentare le stesse identiche doglianze già esaminate e rigettate dal giudice d’appello, senza fornire una critica nuova e specifica alla motivazione della sentenza impugnata che ne evidenzi illogicità o vizi.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La parte il cui ricorso è dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dal giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11460 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11460 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FERRARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME e la memoria pervenuta in data 16/1/2024; ritenuto che il primo ed il terzo motivo di ricorso – che riguarda rispettivamente la condizione di procedibilità, unitamente alla mancata assunzi di una prova ritenuta decisiva dalla difesa e l’omessa applicazione della cau non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. – non sono consentiti in reiterativi delle stesse doglianze prospettate ai giudici di appello e da ess con motivazione congrua, esaustiva ed immune da vizi logici (si veda, particolare, pag. 3 della sentenza impugnata, ove la Corte territoria evidenziato come la compagnia assicurativa fosse venuta a conoscenza del reat solo al momento della ricezione degli esiti delle indagini commissionate, come rilevanti conseguenze economiche – desumibili dall’entità del risarciment facciano escludere la particolare tenuità del fatto). Peraltro, nella s impugnata, dove sono riassunti i motivi di impugnazione, non vi è traccia de richiesta di escussione di NOME COGNOME (e tale aspetto non è oggetto di specif censura), né tale richiesta risulta avanzata con i motivi di appello;
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si censura il viz motivazionale e l’inosservanza della legge penale quanto all’insussistenza del materiale tipico di cui all’art. 642 cod. pen., non è deducibile m sede di legi poiché con esso si lamenta una questione che non ha costituito oggetto dei moti di appello, tale dovendosi intendere anche la generica prospettazione nei motiv gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con proposizione del ricorso in cassazione; che si è, dunque, verificata una interruzione della catena devolutiva, che non consente l’esame in questa sede della nu doglianza;
che tale ultimo motivo risulta comunque manifestamente infondato, poiché inerente ad asserito difetto di motivazione, rispetto ad una sentenza l motivazione è congrua e non inficiata da vizi logici (si vedano, in particolare, 2 e 3 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile co condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso in Roma, il 06/02/2024 Il Consigliere Estensore COGNOME
Il Pr4 . *ente