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Ricorso inammissibile: quando è reiterativo e nuovo

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché i motivi erano in parte una mera ripetizione di doglianze già respinte in appello e in parte introducevano questioni nuove, non sollevate in precedenza. Questa ordinanza ribadisce i rigorosi limiti del giudizio di legittimità, sanzionando il ricorrente con il pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende. La decisione sottolinea che non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione per ridiscutere il merito della vicenda o per presentare per la prima volta censure che dovevano essere formulate nel grado precedente.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: La Cassazione chiarisce i limiti dell’appello

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 11460 del 2024 offre un’importante lezione sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, chiarendo perché un’impugnazione può essere dichiarata inammissibile. Il caso in esame dimostra come la presentazione di motivi generici, ripetitivi o del tutto nuovi in sede di legittimità conduca inevitabilmente a una pronuncia di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Comprendere questi principi è fondamentale per evitare di incorrere in errori procedurali che precludono l’esame nel merito delle proprie ragioni.

I fatti del caso

Una persona veniva condannata dalla Corte d’Appello di Bologna. Avverso tale sentenza, proponeva ricorso per Cassazione basato su tre motivi principali. I primi due motivi lamentavano vizi procedurali e l’omessa applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Il terzo motivo, invece, contestava l’esistenza stessa del fatto materiale del reato (previsto dall’art. 642 c.p.), sollevando un vizio di motivazione della sentenza impugnata.

La decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. I giudici hanno ritenuto che i primi due motivi fossero una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, infatti, aveva fornito una motivazione logica e completa, spiegando perché la particolare tenuità del fatto non fosse applicabile, considerate le rilevanti conseguenze economiche del reato. Per quanto riguarda il terzo motivo, la Corte ha rilevato che la questione della insussistenza del fatto materiale non era mai stata sollevata nei motivi d’appello, rappresentando quindi una doglianza nuova e, come tale, non ammissibile in sede di legittimità.

Le motivazioni

La decisione si fonda su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, la Corte ribadisce che il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un giudizio di legittimità. Non è possibile, quindi, riproporre le stesse identiche questioni già vagliate e decise, a meno che non si contesti la motivazione della sentenza precedente con argomenti nuovi e specifici che ne evidenzino l’illogicità o la contraddittorietà. I motivi che si limitano a essere reiterativi sono, per definizione, inammissibili.

In secondo luogo, viene sottolineata l’importanza della cosiddetta “catena devolutiva”. Le questioni sottoposte all’esame della Cassazione devono essere state precedentemente devolute al giudice d’appello. Introdurre per la prima volta in sede di legittimità una censura che poteva e doveva essere mossa in appello costituisce un’interruzione di questa catena, che impedisce alla Corte Suprema di esaminare la nuova doglianza. Nel caso specifico, contestare l’esistenza del fatto materiale per la prima volta in Cassazione è stato considerato un tentativo inammissibile di ampliare l’oggetto del giudizio.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è essenziale che i motivi di ricorso siano specifici, non meramente ripetitivi e che non introducano questioni del tutto nuove rispetto a quelle discusse nel grado precedente. La condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende evidenzia le conseguenze negative di un’impugnazione che non rispetta i rigorosi paletti procedurali stabiliti dalla legge. È quindi cruciale affidarsi a una difesa tecnica che sappia articolare le censure in modo corretto, concentrandosi sui vizi di legittimità della decisione impugnata e non su una sterile riproposizione di argomenti di merito.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se i motivi sono semplici ripetizioni di argomenti già respinti in appello (motivi reiterativi) o se introducono per la prima volta questioni che non sono state oggetto del precedente grado di giudizio, interrompendo la ‘catena devolutiva’.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘reiterativo’?
Significa che l’appellante si limita a ripresentare le stesse identiche doglianze già esaminate e rigettate dal giudice d’appello, senza fornire una critica nuova e specifica alla motivazione della sentenza impugnata che ne evidenzi illogicità o vizi.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La parte il cui ricorso è dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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