Ricorso Inammissibile: quando la mera ripetizione degli argomenti non basta
Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica e precisione. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza di appello; è necessario dimostrare un vizio di legittimità. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce ancora una volta i criteri di ammissibilità, sottolineando come un ricorso inammissibile sia spesso il risultato di una mera riproposizione di argomenti già esaminati e respinti, senza un confronto critico con la decisione impugnata. Analizziamo questo caso emblematico.
I Fatti del Caso: La Violazione della Sorveglianza Speciale
Il caso riguarda un individuo sottoposto a misura di sorveglianza speciale, condannato in primo e secondo grado per la violazione degli obblighi imposti da tale misura. Nello specifico, l’uomo non era stato trovato presso la sua abitazione durante due controlli notturni effettuati dalla polizia nella stessa notte, a distanza di circa un’ora l’uno dall’altro (alle 1:35 e alle 2:20).
La condanna si basava sull’articolo 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia), che punisce chi viola le prescrizioni della sorveglianza speciale.
La Difesa e la Decisione della Corte d’Appello
Di fronte ai giudici, l’imputato si era difeso sostenendo di non aver sentito suonare il campanello perché aveva assunto dei psicofarmaci. A suo dire, gli agenti non avrebbero insistito a sufficienza. La Corte d’Appello di Milano, confermando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto tale giustificazione del tutto implausibile e priva di qualsiasi riscontro oggettivo. I giudici avevano evidenziato come l’imputato non avesse fornito alcuna prova a sostegno della sua tesi, come una prescrizione medica o anche solo una scatola vuota dei farmaci. Inoltre, appariva poco credibile che non avesse sentito il campanello in due occasioni distinte nella stessa notte.
La Decisione della Cassazione: il Ricorso Inammissibile per Genericità
L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe valutato adeguatamente l’elemento soggettivo del reato, limitandosi a replicare le argomentazioni del primo giudice.
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza: non è possibile limitarsi a riproporre in Cassazione le stesse questioni già adeguatamente esaminate e respinte nei gradi di merito, senza muovere una critica specifica e argomentata alla motivazione della sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha spiegato che il ricorso era privo di specificità. L’appellante, infatti, non si è confrontato criticamente con le ragioni esposte dalla Corte d’Appello, ma ha semplicemente reiterato le sue giustificazioni. La motivazione della Corte territoriale, secondo la Cassazione, non era né illogica né contraddittoria nel ritenere inverosimile la difesa dell’imputato.
La Corte ha citato un proprio precedente (sentenza n. 27816/2019) che sancisce l’inammissibilità del ricorso che “riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato”.
In sostanza, il compito del ricorrente in Cassazione non è ottenere un terzo giudizio sui fatti, ma evidenziare un errore di diritto o un vizio logico palese nella decisione di secondo grado. Poiché il ricorso non adempiva a questo onere, è stato dichiarato inammissibile.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Un ricorso efficace non può essere una semplice fotocopia dell’atto di appello. Deve essere un’analisi puntuale e critica della sentenza di secondo grado, finalizzata a smontarne il ragionamento logico-giuridico.
La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver proposto un ricorso senza fondamento. La decisione serve da monito: il ricorso in Cassazione è uno strumento straordinario da utilizzare con perizia e cognizione di causa, non un’ulteriore opportunità per ridiscutere i fatti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era privo di specificità. L’appellante si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.
Cosa significa che un ricorso è ‘privo di specificità’?
Significa che il ricorso non individua in modo chiaro e puntuale i vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti di motivazione) della sentenza che si contesta, ma si limita a lamentare genericamente una decisione sfavorevole o a ripetere motivi già esposti.
Qual era la giustificazione dell’imputato e perché non è stata accolta?
L’imputato ha sostenuto di non aver sentito il campanello durante i controlli di polizia perché aveva assunto psicofarmaci. La giustificazione non è stata accolta perché ritenuta implausibile e non supportata da alcuna prova (come una prescrizione medica). Inoltre, i giudici hanno considerato inverosimile che non abbia sentito il campanello in due diverse occasioni nella stessa notte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36640 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36640 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/05/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che Warner COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 13 maggio 2025 con cui la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 05 marzo 2024, che lo ha condannato alla pena di mesi otto di reclusione per il reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, commesso in data 14 e 15/02/2021;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione per avere la Corte di appello omesso di valutare la sussistenza dell’elemento soggettivo, alla luce dell’allegazione difensiva fornita con una spontanea dichiarazione, limitandosi a ripetere la valutazione del giudice di primo grado circa la non plausibilità di tale giustificazione, in particolare quanto alle modalità del controllo operato dalla polizia;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile perché privo di specificità, essendosi il ricorrente limitato a riproporre le questioni già adeguatamente valutate dalla Corte di appello, con motivazione non illogica né contraddittoria, circa la mancanza di qualunque riscontro all’affermazione del ricorrente di non avere sentito il campanello perché aveva fatto uso di psicofarmaci, avendo egli omesso di fornire una prescrizione medica o anche solo una scatola vuota, che dimostrasse tale uso, nonché di un riscontro all’affermazione che gli agenti abbiano suonato il campanello solo per poco tempo, essendo plausibile il contrario, vista la finalità del controllo, risultando altresì non plausibile che i ricorrente non abbia sentito il campanello in due occasioni diverse, alle ore 1.35 e alle ore 2.20 della stessa notte;
ritenuto il ricorso inammissibile, in applicazione del principio dettato da questa Corte secondo cui «È inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione» (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 ottobre 2025
Il Consigliere estensore