Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega i Requisiti di Specificità
Presentare un ricorso in Cassazione richiede un’attenta preparazione e il rispetto di precisi requisiti di legge. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce ancora una volta l’importanza della specificità dei motivi, pena la dichiarazione di ricorso inammissibile. Questo provvedimento offre un’analisi puntuale su cosa significhi criticare efficacemente una sentenza e quali siano le conseguenze di un’impugnazione generica, che si limita a ripetere le argomentazioni già presentate nei gradi di giudizio precedenti.
Il caso: un appello contro una condanna per falso
Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione riguarda un imputato condannato dalla Corte di Appello per il reato di false attestazioni a un pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 495 del codice penale. L’imputato, non accettando la condanna, ha proposto ricorso per Cassazione basandolo su due motivi principali. In primo luogo, sosteneva che il reato fosse ormai estinto per prescrizione, lamentando un errore nel calcolo del tempo necessario. In secondo luogo, deduceva l’erronea applicazione della legge penale, affermando che la falsità commessa dovesse essere considerata un “falso innocuo”, ovvero una dichiarazione non veritiera ma priva di reale capacità lesiva.
I motivi del ricorso inammissibile secondo la Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile per ragioni distinte ma ugualmente importanti. Questa decisione sottolinea come l’analisi della Corte si concentri non solo sulla sostanza delle questioni, ma anche e soprattutto sulla corretta impostazione processuale dell’impugnazione.
Il calcolo della prescrizione e la recidiva
Sul primo punto, la Corte ha definito il motivo “manifestamente infondato”. I giudici hanno chiarito che il calcolo della prescrizione era corretto, poiché teneva conto di due fattori cruciali: la recidiva reiterata e specifica contestata all’imputato e l’interruzione del termine. La recidiva aveva comportato un aumento della pena di due terzi, e un ulteriore aumento di due terzi era derivato dall’interruzione. Di conseguenza, il termine di prescrizione per il reato (la cui pena massima è di sei anni) si era allungato a sedici anni e otto mesi, un periodo non ancora trascorso dalla data di commissione del fatto.
La mancanza di specificità sul “falso innocuo”
Il secondo motivo è stato giudicato privo di specificità. La Corte ha osservato che il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse doglianze già presentate e respinte in appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva spiegato perché, nel caso specifico, non si potesse parlare di “falso innocuo”: la falsità aveva inciso sulla funzione del documento ed era idonea a conseguire uno scopo antigiuridico. Il ricorso, invece di contestare questo ragionamento, lo ha semplicemente ignorato, venendo meno alla sua funzione di critica argomentata.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine del processo di Cassazione: il ricorso non è un terzo grado di giudizio dove si possono ripresentare le medesime questioni di fatto e di diritto, ma un controllo di legittimità sulla decisione impugnata. Per questo motivo, è necessario che l’impugnazione contenga una critica specifica e puntuale alle ragioni esposte dal giudice precedente. Limitarsi a ripetere argomenti già disattesi, senza spiegare perché la motivazione della sentenza appellata sarebbe errata, rende il ricorso generico e, quindi, inammissibile.
La Corte ha inoltre ribadito che il “falso innocuo” sussiste solo quando la falsità è concretamente inidonea a ledere l’interesse tutelato, ovvero la genuinità del documento. Se, come nel caso di specie, la falsità può produrre effetti giuridici, la sua rilevanza penale non può essere esclusa.
Le conclusioni
L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Tale sanzione è prevista quando l’inammissibilità è dovuta a colpa del ricorrente, come nel caso di un’impugnazione palesemente infondata o generica. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso per Cassazione deve essere uno strumento di critica ragionata e pertinente, e non una mera riproposizione di tesi difensive già vagliate e respinte.
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato privo di specificità?
Un ricorso è privo di specificità quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già presentate in appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata e senza spiegare perché tali motivazioni sarebbero errate.
Come incide la recidiva sul calcolo della prescrizione di un reato?
La recidiva reiterata e specifica, insieme all’interruzione del processo, comporta un significativo aumento del termine di prescrizione. Nel caso di specie, ha portato il termine da sei anni a sedici anni e otto mesi, impedendo l’estinzione del reato.
Cosa significa “falso innocuo” e perché è stato escluso in questo caso?
Il “falso innocuo” è una falsità documentale che non è in grado di ledere l’interesse protetto dalla norma (la fede pubblica) perché inidonea a ingannare o a produrre effetti giuridici. È stato escluso in questo caso perché la Corte ha ritenuto che la falsità avesse effetti concreti sulla funzione del documento e fosse capace di raggiungere uno scopo antigiuridico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2179 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2179 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LECCE il 13/10/1965
avverso la sentenza del 30/10/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce che, in parziale riforma della prima decisione, ha riqualificato ai sensi dell’art. 495 cod. pen. il fatto a lui ascritto, confermandone la responsabilità penale;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’erronea applicazione della legge penale e la carenza di motivazione in ordine all’erroneo computo del tempo necessario a prescrivere – è manifestamente infondato perché nella specie dagli atti consta che è stata contestata e riconosciuta la recidiva reiterata e specifica, la quale comporta un aumento della pena di 2/3 (ar 99, ultimo comma, cod. pen.) nonché un ulteriore aumento di due terzi in ragione dell’interruzione (art. 161, comma 2, cod. pen.), ragione per cui il termine di prescrizione del delitto di cui all’ar cod. pen. (la cui pena detentiva massima è sei anni di reclusione), commesso il 29 agosto 2013, è pari a sedici anni ed otto mesi e non è ancora spirato (senza che occorra evidenziare che esso è rimasto sospeso dal 21 marzo 2019 al 19 dicembre 2019 in ragione di un rinvio su richiesta della difesa);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce l’erronea applicazione degli articoli degli artt. 483 cod. pen. e 37 del d.m. n. 146 del 2008, poiché la Corte territoriale avr escluso il “falso innocuo”, è privo di specificità in quanto non contiene un’effettiva critica nei con del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; conf. Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575 – 01), limitandosi a riportare le doglianze prospettate con l’atto di appello e disattese dalla Corte territoriale, senza confrontarsi con le ra per cui nel caso di specie è stato escluso che la falsità non esplicano effetti sulla funzione documental dell’atto stesso (Sez. 5, n. 35076 del 21/04/2010, Immordino, Rv. 248395) e, dunque, che essa fosse in concreto inidonea a ledere l’interesse tutelato dalla genuinità del documento, cioè priva del capacità di conseguire uno scopo antigiuridico; ragione per cui il ricorso non ha assolto alla funzio di una critica argomentata avverso la decisione impugnata;
ritenuto che nulla muta, rispetto a quanto sopra esposto, la memoria presentata dal difensore dell’imputato, con cui è stata ribadita la fondatezza dei motivi di ricorso;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Co cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) – a versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 11/09/2024.