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Ricorso inammissibile: quando è privo di specificità

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per evasione. I motivi, relativi alla responsabilità, alla non punibilità per tenuità del fatto e alle attenuanti, sono stati giudicati una mera riproposizione di censure già respinte, quindi privi della necessaria specificità. La decisione sottolinea che un ricorso non può limitarsi a ripetere argomenti già vagliati, ma deve criticare puntualmente le motivazioni della sentenza impugnata. Di conseguenza, la condanna è divenuta definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Specificità dei Motivi

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, una fase delicata che richiede rigore tecnico e argomentativo. Un ricorso inammissibile è un ricorso che non supera il vaglio preliminare della Corte e non viene nemmeno esaminato nel merito. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di quando e perché ciò accade, ribadendo un principio fondamentale: non basta ripetere le proprie ragioni, bisogna criticare specificamente quelle del giudice precedente.

Il Caso: Appello Contro una Condanna per Evasione

Il caso in esame riguarda un individuo condannato per il reato di evasione, previsto dall’articolo 385 del codice penale. Dopo la condanna in primo grado e la conferma da parte della Corte d’Appello, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

In primo luogo, contestava la sussistenza stessa della sua responsabilità penale e, in subordine, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). In secondo luogo, lamentava la mancata concessione delle attenuanti generiche, che avrebbe portato a una pena più mite, ritenendo di conseguenza eccessivo il trattamento sanzionatorio applicato.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Specificità del Ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 18 novembre 2024, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso totalmente inammissibile. La decisione non entra nel merito delle questioni sollevate (la colpevolezza o la congruità della pena), ma si ferma a un livello precedente, di natura prettamente processuale. La Corte ha ritenuto che i motivi presentati dall’imputato fossero privi di specificità, un requisito essenziale per qualsiasi impugnazione.

Le Motivazioni: la Mancanza di Specificità come Vizio Fatale

Il cuore della decisione risiede nel concetto di “specificità” dei motivi di ricorso. La Cassazione ha osservato che entrambi i punti sollevati dalla difesa erano una mera riproduzione di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Il giudice di secondo grado aveva già fornito argomentazioni “corrette e non illogiche” per confermare la responsabilità e per negare sia l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. sia la concessione delle attenuanti generiche.

Il ricorrente, secondo la Suprema Corte, si è limitato a riproporre le stesse lamentele senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata. In pratica, non ha spiegato perché il ragionamento della Corte d’Appello fosse sbagliato, ma si è limitato a ripetere che la propria versione era quella corretta. Questo approccio rende il ricorso inammissibile, poiché il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito dove si rivalutano i fatti, ma un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza precedente.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche e Monito per la Difesa

Le conseguenze della declaratoria di inammissibilità sono severe. In primo luogo, la sentenza di condanna della Corte d’Appello è diventata definitiva. In secondo luogo, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.

Questa ordinanza funge da importante monito: per avere una possibilità di successo in Cassazione, non è sufficiente essere convinti delle proprie ragioni. È indispensabile redigere un atto che dialoghi con la sentenza impugnata, smontandone punto per punto le argomentazioni logico-giuridiche. Un ricorso che ignora le motivazioni del giudice precedente è destinato, come in questo caso, a essere dichiarato inammissibile, con conseguente spreco di tempo, risorse e la certezza della condanna.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto ‘privo di specificità’. I motivi presentati erano una semplice riproposizione di argomenti già adeguatamente esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, senza contenere una critica puntuale e argomentata contro le motivazioni della sentenza impugnata.

Quali erano i principali argomenti del ricorrente?
Il ricorrente contestava la sua responsabilità per il reato di evasione, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e la negata concessione delle attenuanti generiche, che a suo dire aveva reso la pena eccessiva.

Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza impugnata diventi definitiva. Nel caso specifico, la condanna è stata confermata e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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