Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25285 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25285 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a GAGLIANO DEL CAPO il 06/12/1964
avverso la sentenza del 23/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 23 ottobre 2024 la Corte di appello di Roma, ha confermato c9ì0 la pronuncia del Tribunale della stessa sede del 24Tebbr’ai02023 resa in sede di giudizio abbreviato, che aveva dichiarato non punibile ex art. 131 bis cod.pen per particolare tenuità del fatto NOME NOME NOME quanto al reato di cui all’art.73, comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 lo aveva ssolto perché il fatto non sussiste quanto al reato di resistenza a pubblico ufficiale ( art. 337 cod.pen.).
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo con unico motivo violazione di legge per non aver la Corte proceduto all’assoluzione perché il fatto non sussiste in luogo della particolare tenuità del fatto.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non specifico.
Il motivo dedotto non è specifico perché non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata, prospettando deduzioni generiche e assertive, prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che sorreggono le richieste. Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
In particolare, la Corte ha adeguatamente motivato sulla sussistenza del fatto di reato costituito dalla effettiva cessione da parte del ricorrente a NOME COGNOME della dose di stupefacente, e tale fatto era stato osservato dall’agente operante, che aveva visto uno scambio fra i due, al momento dei saluti, dopo essere usciti da un furgone, per cui il mancato ritrovamento di 20 euro indicati quale prezzo per l’acquisto non assume rilievo decisivo. Il ricorso non si fa carico di tale decisione e reiterale la tesi del consumo di gruppo già disattese, non incrinando il ragionamento della sentenza impugnata.
All’inammissibilità del ricorso per questi motivi segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero
(Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 10 giugno 2025.