Ricorso Inammissibile: L’Errore che Costa Caro
Presentare un ricorso in Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, una fase delicata che richiede competenze tecniche specifiche. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci ricorda una regola fondamentale: il “fai da te” non è ammesso. La decisione in esame dichiara un ricorso inammissibile perché presentato personalmente dall’imputato, evidenziando le gravi conseguenze, anche economiche, di un simile errore procedurale.
I fatti del caso
Il caso riguarda un soggetto condannato in Corte d’Appello alla pena di otto mesi di reclusione e 1.200 euro di multa per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990), che disciplina le ipotesi di lieve entità.
Insoddisfatto della sentenza, l’imputato decide di rivolgersi alla Corte di Cassazione, contestando sia l’affermazione della sua responsabilità penale sia la quantificazione della pena. Tuttavia, commette un errore procedurale fatale: presenta il ricorso personalmente, senza avvalersi dell’assistenza di un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.
La decisione della Corte e il ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione non entra nemmeno nel merito delle doglianze sollevate dal ricorrente. La sua analisi si ferma a un controllo preliminare, di natura puramente procedurale. I giudici rilevano che il ricorso è stato presentato in violazione delle norme che regolano il giudizio di legittimità.
L’obbligo del patrocinio legale in Cassazione
Il Codice di Procedura Penale, attraverso il combinato disposto degli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, stabilisce una regola chiara: l’imputato può proporre impugnazione personalmente, ma questa facoltà non si estende al ricorso per cassazione. Per quest’ultimo, è indispensabile che l’atto sia sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale dei cassazionisti.
Di conseguenza, l’inosservanza di questa prescrizione rende l’atto nullo e, pertanto, il ricorso inammissibile.
Le motivazioni della Corte
Le motivazioni dell’ordinanza sono concise e lapidarie. La Corte si limita a constatare la violazione delle norme procedurali. Il ricorso, essendo stato presentato personalmente dall’imputato e non da un avvocato cassazionista, non possiede i requisiti di forma richiesti dalla legge per poter essere esaminato.
La decisione non lascia spazio a interpretazioni: la regola del patrocinio obbligatorio in Cassazione è inderogabile. La Corte, inoltre, sottolinea la presenza di un profilo di “colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità”. Ciò significa che l’errore commesso dal ricorrente non è considerato scusabile. Questa valutazione di colpevolezza è la base per la condanna non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una cospicua somma, pari a 3.000 euro, alla Cassa delle Ammende.
Le conclusioni: implicazioni pratiche
Questa ordinanza, pur nella sua brevità, offre un insegnamento fondamentale: le regole procedurali non sono meri formalismi, ma garanzie di un corretto svolgimento del processo. La decisione di presentare personalmente un ricorso in Cassazione si è tradotta per l’imputato non solo nell’impossibilità di far valere le proprie ragioni nel merito, ma anche in una significativa sanzione economica.
L’assistenza di un legale specializzato è quindi un requisito non solo opportuno, ma giuridicamente necessario per accedere al giudizio di legittimità, pena l’immediata e costosa dichiarazione di inammissibilità del proprio gravame.
È possibile presentare personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione in materia penale?
No, l’ordinanza in esame conferma che il ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto e presentato da un avvocato iscritto all’albo speciale, altrimenti viene dichiarato inammissibile.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Comporta che la Corte non esamina il merito della questione. Inoltre, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle Ammende.
Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una sanzione di 3.000 euro?
La Corte ha ritenuto che la presentazione di un ricorso senza i requisiti di legge costituisca una condotta colpevole. Questa “colpa” nel causare l’inammissibilità giustifica l’applicazione della sanzione pecuniaria, il cui importo è determinato discrezionalmente dal giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5891 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5891 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di TRENTO
dato avv/o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME, condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P n. 309 del 1990 alla pena di otto mesi di reclusione e 1.200,00 euro di multa, arti solo motivo di ricorso, deduce vizio di motivazione con riguardo alla afferma responsabilità e alla determinazione della pena;
Considerato che il ricorso è inammissibile perché presentato personalmente dall’im in violazione del combinato disposto di cui agli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, c pen.;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con con ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore del delle Ammende, sussistendo profili di colpa nella determinazione delle cause di inammiss
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.