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Ricorso inammissibile: quando è meramente reiterativo

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per ricettazione, poiché i motivi erano meramente ripetitivi di argomentazioni già respinte e miravano a una nuova valutazione dei fatti. La Corte ha confermato la logicità della sentenza d’appello, basata su elementi come la titolarità di un autoparco dove si trovava la refurtiva e la residenza dell’imputato nella stessa proprietà.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile in Cassazione: il caso della motivazione ripetitiva

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisce un ricorso inammissibile, specialmente quando le argomentazioni proposte non fanno altro che ripetere censure già esaminate nei precedenti gradi di giudizio. Questo principio è fondamentale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in una terza valutazione del merito della causa. Analizziamo la decisione per capire perché la Suprema Corte ha respinto le doglianze del ricorrente, condannato per il reato di ricettazione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza della Corte d’Appello che confermava la condanna di un individuo per il reato di cui all’art. 648 del codice penale (ricettazione). L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato nell’affermare la sua responsabilità penale, basando la decisione su una valutazione illogica delle prove.

L’Analisi della Corte e il ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e basata su principi consolidati. Il motivo principale del rigetto risiede nella natura ‘meramente reiterativa’ del ricorso. In altre parole, il ricorrente si è limitato a riproporre le stesse identiche argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di diritto o evidenziare vizi logici manifesti nella sentenza impugnata.

I giudici di legittimità hanno ribadito che il loro compito non è quello di riesaminare i fatti e le prove come se fossero un tribunale di terzo grado. Il ricorso in Cassazione è consentito solo per vizi di legge o per difetti di motivazione che siano palesemente illogici o contraddittori, non per contestare la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Tentare di introdurre una ‘lettura alternativa’ delle prove è un’operazione non permessa in questa sede.

La coerenza della sentenza di Appello

La Corte di Cassazione ha sottolineato che la motivazione della Corte d’Appello era, al contrario, esente da vizi logici e giuridici. I giudici di secondo grado avevano chiaramente esplicitato le ragioni del loro convincimento, fondando la condanna su una serie di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. Tra questi spiccavano:

* La caratterizzazione dei luoghi: la refurtiva si trovava in un’area specifica e controllata.
* La titolarità dell’autoparco: l’area era di proprietà dell’imputato.
* La prossimità abitativa: il ricorrente risiedeva nella stessa proprietà in cui è avvenuto il ritrovamento.
* L’assenza di giustificazioni: l’imputato non ha fornito alcuna spiegazione plausibile per la presenza dei beni illeciti nella sua proprietà.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, hanno costituito un quadro probatorio sufficiente a fondare la condanna, rendendo la motivazione della Corte d’Appello immune da censure.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Suprema Corte si fonda sul principio secondo cui un ricorso non può essere un pretesto per ridiscutere il merito della vicenda. La Corte ha stabilito che l’impugnazione era meramente ripetitiva e tendeva a sollecitare una rivalutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica, coerente e giuridicamente corretta, avendo valorizzato una pluralità di indizi che, letti congiuntamente, portavano a un’unica conclusione di colpevolezza. Pertanto, in assenza di vizi di legge o di palesi illogicità, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione procedurale: il ricorso per Cassazione deve essere costruito su precise censure di diritto e non sulla semplice contestazione della valutazione fattuale dei giudici di merito. Un ricorso inammissibile non solo viene respinto, ma comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. È quindi cruciale, per chi intende adire la Suprema Corte, formulare motivi di ricorso specifici, pertinenti e non meramente ripetitivi delle difese già svolte.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché i motivi erano meramente ripetitivi di argomentazioni già esaminate e respinte nel giudizio precedente e perché miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività non consentita nel giudizio di legittimità.

Quali elementi aveva considerato la Corte d’Appello per condannare l’imputato?
La Corte d’Appello aveva basato la condanna su una serie di elementi, tra cui la caratterizzazione dei luoghi, la titolarità dell’autoparco dove sono stati trovati i beni, la residenza dell’imputato nella stessa proprietà e la sua incapacità di fornire una qualsiasi giustificazione plausibile.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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