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Ricorso inammissibile: quando è mera riproposizione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché rappresenta una mera ripetizione di una precedente istanza riguardante un ordine di demolizione per abusivismo edilizio. Le argomentazioni del ricorrente, basate su presunti nuovi elementi come il ripristino dei luoghi, sono state ritenute infondate, in quanto già esaminate e respinte in procedimenti anteriori. La Corte ha confermato la correttezza della procedura semplificata di rigetto applicata dal Tribunale.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti della riproposizione

Nel complesso mondo della giustizia, esistono principi volti a garantire l’efficienza e la certezza del diritto. Uno di questi è il divieto di abusare degli strumenti processuali, presentando ripetutamente le stesse istanze. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza questo concetto, dichiarando un ricorso inammissibile perché considerato una ‘mera riproposizione’ di una richiesta già rigettata in passato. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere i limiti dell’azione legale in fase esecutiva, specialmente in materia di abusi edilizi.

I fatti del caso: l’ordine di demolizione e le istanze reiterate

La vicenda trae origine da una condanna per un illecito edilizio, divenuta definitiva nel 2006. La sentenza includeva, oltre alle sanzioni penali, un ordine di demolizione del manufatto abusivo. Negli anni successivi, il condannato ha tentato più volte di bloccare l’esecuzione di tale ordine. Una prima istanza, presentata come incidente di esecuzione, fu respinta dal Tribunale nel 2014, decisione poi confermata in Cassazione.

Nonostante i precedenti rigetti, nel 2015 l’interessato ha presentato una nuova istanza, sostenendo l’esistenza di ‘nuovi elementi’. In particolare, affermava che l’ordine di demolizione fosse ormai ingiusto perché i manufatti originari erano stati demoliti e lo stato dei luoghi ripristinato. Il Tribunale, tuttavia, ha dichiarato anche questa nuova richiesta inammissibile, ritenendola una semplice ripetizione della precedente, e ha proceduto con una decisione semplificata, senza fissare udienza.

La questione del ricorso inammissibile: i motivi dell’appello

Contro quest’ultima decisione, il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Violazione di legge procedurale: Si lamentava che il Tribunale avesse deciso de plano (cioè con procedura semplificata), senza un’udienza, negando così il diritto di difesa. Secondo il ricorrente, la sua istanza non era una mera riproposizione, in quanto presentava novità, come l’avvenuto ripristino dei luoghi e non meglio specificati ‘nuovi accertamenti’ della polizia giudiziaria.
2. Vizio di motivazione: Si sosteneva che l’ordine di demolizione si riferisse a opere ormai non più esistenti e che il Tribunale non avesse adeguatamente considerato le prove che dimostravano l’avvenuto ripristino dello stato dei luoghi.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di riconoscere che la sua istanza meritasse un esame nel merito e non un rapido rigetto per inammissibilità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La motivazione della Corte è chiara e si fonda sull’applicazione dell’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale. Questo articolo stabilisce che, quando un’istanza in fase esecutiva si palesa come una ‘mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi’, può essere dichiarata inammissibile con decreto, sentito il pubblico ministero, senza ulteriori formalità.

La Corte ha osservato che l’argomento centrale del ricorrente, ovvero l’avvenuto ‘ripristino dello stato dei luoghi’, era già stato presentato e valutato nel precedente procedimento conclusosi nel 2014. Pertanto, non costituiva un elemento di novità. La menzione di ‘nuovi accertamenti’ è stata giudicata troppo generica e priva di specificità per essere considerata una reale novità. Di conseguenza, il Tribunale aveva agito correttamente utilizzando la procedura semplificata, poiché l’istanza non presentava elementi nuovi tali da giustificare un riesame.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte lo ha ritenuto manifestamente infondato, proprio perché si basava sugli stessi argomenti già esaminati e respinti in passato. La decisione impugnata, quindi, non era viziata, ma era pienamente conforme agli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità.

Le conclusioni: l’importanza di presentare nuovi elementi

La sentenza in esame rafforza un principio cardine del nostro ordinamento: non è possibile riproporre all’infinito una questione già decisa, a meno che non emergano fatti o elementi giuridici realmente nuovi e rilevanti. Per superare una declaratoria di ricorso inammissibile per ‘mera riproposizione’, non basta riaffermare le proprie ragioni o menzionare genericamente nuove prove. È necessario dimostrare in modo specifico e documentato che la situazione di fatto o di diritto è mutata in maniera sostanziale rispetto a quella già esaminata dal giudice. In caso contrario, come dimostra questa vicenda, l’istanza sarà destinata a un rapido rigetto, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un’istanza in fase esecutiva viene considerata una ‘mera riproposizione’?
Un’istanza è considerata una ‘mera riproposizione’ quando si basa sugli stessi elementi di fatto e di diritto di una richiesta precedente che è già stata respinta, senza introdurre alcuna reale novità che possa giustificare un nuovo esame da parte del giudice.

È legittimo che un giudice dichiari un ricorso inammissibile senza fissare un’udienza?
Sì, l’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale prevede espressamente che, se un’istanza è una mera riproposizione di una già rigettata, il giudice può dichiararla inammissibile ‘de plano’, ovvero con una procedura semplificata e senza udienza, dopo aver acquisito il parere del pubblico ministero.

Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
In base all’articolo 616 del codice di procedura penale, la parte il cui ricorso viene dichiarato inammissibile è condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, tale somma è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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