Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31960 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31960 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza n. 46/98 RESA del Tribunale di Napoli del 15 dicembre 2022;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e li ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore gen AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunziata in data 15 dicembre 2022 il Tribunale di Napoli, agendo in qualità di giudice dell’esecuzione penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da COGNOME NOME in data 25 novembre 2015 e con il quale il ricorrente chiedeva – in tal senso reiterando una sua precedente istanza già oggetto di precedente provvedimento emesso dal medesimo giudice della esecuzione in data 7 gennaio 2014, la cui impugnazione di fronte alla Corte di cassazione era dichiarata inammissibile con ordinanza del 7 ottobre 2014 della VII Sezione di tale organo giudiziario l’annullamento della ingiunzione a demolire un manufatto edilizio abusivo adottata in esecuzione della sentenza emessa dal Tribunale di Napoli il precedente 14 marzo 2006, divenuta irrevocabile il successivo 3 luglio 2006, con la quale a carico del RAGIONE_SOCIALE, dichiarato responsabile di un illecito edilizio consumato sino al 23 ottobre 2003, era stato altresì impartito l’ordine (erroneamente definito con la citata ordinanza del 15 dicembre 2022 “sanzione accessoria”) di demolire il manufatto abusivo.
Avverso tale provvedimento ha, ora, articolato ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore fiduciario, il RAGIONE_SOCIALE, affidando le proprie doglianze a due motivi di impugnazione; con il primo è stata censurata la ordinanza, sotto II profilo della violazione di legge, In quanto il Tribunale aveva provveduto senza avere preventivamente fossato alcuna udienza, sulla base dell’assunto che l’istanza introduttiva del giudizio era meramente ripropositiva di una precedente istanza, laddove, invece, la “piattaforma decisionale” sulla base della quale sarebbe stato necessario provvedere presentava novità rispetto alla precedente situazione; allegava, altresì, il ricorrente che giudicante aveva provveduto, avendo acquisito il parere del Pm, ma senza che su tale parere gli fosse stato consentito di interloquire.
Con Il secondo motivo di impugnazione era lamentata il vizio di violazione di legge, in quanto l’ordine di demolizione impugnato aveva sostanzialmente ad oggetto, essendo stati già demoliti gli originari interventi edilizi abusivi, degli ulteriori manufatti, non interessati dalla sentenza condanna, ed Il Tribunale, immotivatamente, non aveva tenuto conto degli accertamenti eseguiti dalla polizia giudiziaria, la quale aveva effettivamente accertato l’originario avvenuto ripristino dello stato dei luoghi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Osserva, infatti, il Collegio che, secondo il tenore testuale della ordinanza impugnata, il ricorso da cui è originato il provvedimento ora impugnato costituisce una mera reiterazione di un precedente incidente di esecuzione introdotto dal medesimo COGNOME ed oggetto di rigetto con ordinanza del 7 gennaio 2014, ordinanza la cui legittimità è poi stata confermata a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso di essa dallo stesso COGNOME disposta con ordinanza del 7 ottobre 2014.
Ciò posto, si segnala come, a tenore dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., ove l’incidente di esecuzione si palesi come “mera riproposizione dì una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi”, la sua inammissibilità è disposta nella forma del decreto emesso “sentito il pubblico ministero”, cioè senza ulteriori formalità.
Ora – considerato che nel testo del provvedimento attualmente censurato il Tribunale di Napoli dà espressamente atto della circostanza che, già in occasione della proposizione del ricorso da cui era scaturita l’adozione del ricordato precedente provvedimento del 7 gennaio 2014, il ricorrente aveva rappresentato che era “intervenuto il ripristino dello stato dei luoghi” e che, pertanto, siffatta circostanza, ora segnalata come espressiva di una novità che avrebbe dovuto escludere la natura meramente reiterativa del nuovo incidente di esecuzione introdotto dal COGNOME, non appare avere le dette caratteristiche (al di là della genericità della prospettazione, essend stati evocati dal ricorrente taluni non meglio chiariti “nuovi accertamenti delegati dal Pm”, dei quali nulla altro è precisato), essendo stato il predett elemento (cioè il di già avvenuto ripristino dello stato dei luoghi e, pertanto, l postulata autonomia anche strutturale dei manufatti ora esistenti e sui quali andrebbe eseguito l’ordine di demolizione rispetto a quelli oggetto dell’accertamento di abusività contenuto nella sentenza cui pertiene l’ordine di demolizione soggetto ad esecuzione giudiziale) già esaminato in occasione della adozione del provvedimento di rigetto del gennaio 2014 – deve affermarsi che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, correttamente il Tribunale ha provveduto sulla sua istanza del 25 novembre 2015 de plano, non presentando essa elementi di novità tali da dover escludere che la stessa non fosse la mera riproposizione, sulla base dei medesimi elementi già in precedenza rappresentanti, di altra più risalente istanza.
Quanto al fatto che il Tribunale, quale giudice della esecuzione, abbia acquisto, prima di emettere il provvedimento impugnato, il parere del Pm, essendo questo un passaggio procedimentale espressamente imposto dalla normativa dianzi richiamata, non si vede in quali termini lo stesso potrebbe avere determinato un vizio nell’adozione del provvedimento impugnato.
Con riferimento al secondo motivo di impugnazione, è sufficiente rilevare che, essendo il ricorso reiterativo di una precedente istanza, definita, peraltro, con un provvedimento pienamente applicativo degli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte (si veda, infatti: Corte di cassazione, Sezione III penale, 27 settembre 2016, n. 6049 del 2017, rv 268831; Corte di cassazione, 1 maggio 2011, n. 21797, rv 250389), il vizio di motivazione o di violazione di legge con esso lamentato relativamente alla presente procedura si dimostra quanto meno manifestamente infondato, avendo il Tribunale esaminato, in termini non diversi dal passato, il medesimo materiale processuale già a suo tempo sottoposto alla attenzione di quello.
Alla derivante dichiarazione di inammissibilità del ricorso fa seguito, visto l’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024 Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente