Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una terza occasione per ridiscutere i fatti. Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce ancora una volta quando un ricorso inammissibile viene respinto in partenza, ribadendo la differenza fondamentale tra giudizio di merito e di legittimità. Questo principio è cruciale per comprendere i limiti e le finalità del processo penale.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per i reati di trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori. L’imputato, ritenendo errata la valutazione dei giudici di merito riguardo alla sussistenza dell’intento criminale (il cosiddetto ‘coefficiente doloso’), ha proposto ricorso per Cassazione. La sua difesa si basava essenzialmente sulla contestazione di come le prove fossero state interpretate, sostenendo che la decisione fosse viziata da un errore di valutazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno rilevato che i motivi presentati dal ricorrente non erano altro che una pedissequa reiterazione delle argomentazioni già esposte e puntualmente respinte nel giudizio d’appello. Invece di individuare un vizio di legittimità nella sentenza impugnata, l’imputato ha tentato, di fatto, di ottenere una terza valutazione del materiale probatorio, un compito che esula completamente dalle funzioni della Corte di Cassazione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha fondato la sua decisione su principi consolidati della procedura penale, evidenziando diversi punti chiave che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità.
La Mancanza di un Confronto Critico
Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve confrontarsi in modo specifico e critico con le ragioni esposte nella sentenza che si intende impugnare. Non è sufficiente riproporre le stesse argomentazioni, sperando in un esito diverso. È necessario dimostrare dove e perché il ragionamento del giudice di secondo grado sia stato errato dal punto di vista logico o giuridico. Nel caso di specie, il ricorrente non ha offerto un tale confronto, rendendo il suo appello privo della specificità richiesta dalla legge.
Il Divieto di Rivalutazione del Merito
La Cassazione ha ribadito con forza il suo ruolo di ‘giudice di legittimità’, non di ‘merito’. Questo significa che la Corte non può riesaminare le prove (come testimonianze o documenti) per formarsi un proprio convincimento sui fatti. Il suo compito è esclusivamente quello di controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Prospettare una ‘diversa lettura dei dati processuali’ o un ‘diverso giudizio di rilevanza e attendibilità delle fonti di prova’ costituisce un tentativo di invadere la sfera del giudizio di merito, precluso in sede di legittimità.
Vizio di Motivazione Solo Apparente
Sebbene il ricorrente avesse formalmente lamentato un vizio di motivazione (art. 606, comma 1, lett. e, c.p.p.), la Corte ha ritenuto che si trattasse di un pretesto. La motivazione della Corte d’Appello era, infatti, presente, congrua e non illogica. La doglianza del ricorrente non contestava un’assenza o una manifesta illogicità del ragionamento, ma piuttosto il suo risultato, che non condivideva. Questo tipo di critica, che attiene alla sostanza della valutazione probatoria, non può trovare accoglimento in Cassazione.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame è un monito importante: il ricorso in Cassazione è uno strumento straordinario, non un terzo grado di giudizio. Per avere successo, è indispensabile che i motivi di ricorso non si limitino a criticare l’esito della valutazione fattuale, ma identifichino con precisione vizi di legge o difetti logici macroscopici nel percorso argomentativo del giudice. In assenza di tali elementi, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguenza non solo della definitività della condanna, ma anche dell’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a carico del ricorrente.
 
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a riproporre le stesse censure già presentate e respinte in appello, senza un confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata, o quando tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.
Cosa significa che la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito?
Significa che la Corte non può riesaminare le prove o decidere se l’imputato è colpevole o innocente nel merito. Il suo compito è solo quello di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza dei giudici di grado inferiore non sia mancante, contraddittoria o manifestamente illogica.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La sentenza di condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9736 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 9736  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del coefficiente doloso del concorso nei reati di trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori ascrit all’odierno ricorrente, non è formulato in termini consentiti dinanzi a questa Corte, poiché, oltre a non presentare i connotati, richiesti a pena di inammissibilità del ricorso, dall’ art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in quanto fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appel e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con la complessità delle ragioni poste a base del decisum i il ricorrente, pur lamentando formalmente un vizio riconducibile all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., invero, ha lamentato una decisione erronea, perché fondata su una valutazione asseritamente sbagliata del materiale probatorio, tendendo così ad ottenere in questa sede una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di apprezzamento delle risultanze processuali diversi da quelli adottati dal giudice di merito;
che, invero, emerge chiaramente come, a fronte di una motivazione esente da vizi, con cui i giudici d appello, con congrui e non illogici argomenti giuridic hanno indicato le ragioni di fatto e di diritto per cui, come correttamente statuito già dal primo giudice, debbano ritenersi pienamente integrati i reati attribuiti all’odierno ricorrente, anche per quanto attiene al presupposto soggettivo doloso (si vedano le pagg. 9 e 10 della impugnata sentenza), la suddetta doglianza non contesta in realtà, con la dovuta pertinenza censoria, una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, essendo piuttosto volta a prospettare una diversa lettura dei dati processuali, un diverso giudizio di rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, e dunque, una differente ricostruzione dei fatt stante invece la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17/12/2024.