Ricorso Inammissibile: La Cassazione sanziona la mera riproduzione dei motivi
Quando si presenta un ricorso in Cassazione, non è sufficiente ripetere le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti. Una recente ordinanza della Suprema Corte ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando il proponente a significative sanzioni economiche. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere i requisiti di specificità dei motivi di ricorso e le conseguenze del loro mancato rispetto.
La vicenda processuale
Il caso trae origine da una condanna per il reato di evasione, previsto dall’articolo 385 del codice penale. L’imputato, dopo la conferma della condanna in secondo grado da parte della Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione. L’unica doglianza sollevata riguardava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’articolo 131-bis del codice penale.
Analisi del ricorso inammissibile in Cassazione
Il fulcro della decisione della Suprema Corte risiede nella valutazione del motivo di ricorso. I giudici hanno constatato che l’argomentazione presentata non era altro che una ‘mera riproduzione’ di censure già adeguatamente esaminate e respinte con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, ovvero la Corte d’Appello. In altre parole, il ricorrente non ha introdotto nuovi profili di critica alla sentenza impugnata, ma si è limitato a riproporre le stesse questioni, senza contestare specificamente la logicità o la correttezza giuridica delle motivazioni della corte territoriale.
Le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità
La legge processuale penale stabilisce che un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere motivi specifici che si confrontino criticamente con la decisione impugnata. La semplice ripetizione di argomenti già vagliati rende l’impugnazione priva di fondamento e, di conseguenza, inammissibile. La Corte, rilevata questa carenza, non è entrata nel merito della questione, ma ha chiuso il processo con una declaratoria di inammissibilità. Tale decisione comporta due importanti conseguenze per il ricorrente:
1. La condanna al pagamento delle spese processuali.
2. La condanna al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista per disincentivare ricorsi palesemente infondati o dilatori.
Le motivazioni della Suprema Corte
La motivazione della Corte di Cassazione è sintetica ma estremamente chiara. L’inammissibilità deriva dal fatto che il motivo di ricorso era ‘meramente riproduttivo’ di profili già ‘adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito’. Questo approccio riafferma il ruolo della Cassazione come giudice di legittimità, il cui compito non è riesaminare i fatti, ma verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze dei giudici di merito. Un ricorso che non solleva vizi di questo tipo, ma si limita a riproporre una diversa valutazione del fatto, è destinato a fallire.
Conclusioni
Questa ordinanza serve da monito: il ricorso per Cassazione è uno strumento processuale che richiede rigore e specificità. Non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per ridiscutere il merito della vicenda. La presentazione di un ricorso inammissibile perché meramente ripetitivo non solo non porta ad alcun risultato utile per il ricorrente, ma comporta anche rilevanti conseguenze economiche. È quindi essenziale che i motivi di impugnazione siano formulati in modo critico e puntuale rispetto alle ragioni esposte nella sentenza che si intende contestare.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato era una mera riproduzione di censure già adeguatamente vagliate e respinte con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
Qual era l’unico motivo di ricorso presentato dall’imputato?
L’unico motivo di ricorso era attinente alla negata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21240 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21240 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 409/24 Manto
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’ art. 385 cod. pe
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, attinente alla negata applicazione della causa non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., risulta meramente riproduttivo di profili di censura adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (v. 2);
Rilevato, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 17/05/2024