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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imprenditore condannato per occultamento di scritture contabili. La decisione si fonda sul principio che la mera riproposizione dei motivi già respinti in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata, rende l’atto di impugnazione generico e quindi inammissibile. Il caso sottolinea l’importanza di formulare ricorsi che contengano un confronto puntuale e argomentato con la decisione del giudice precedente.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Boccia la Semplice Ripetizione dei Motivi d’Appello

Presentare un ricorso in Cassazione richiede un approccio rigoroso e specifico. Una recente ordinanza della Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando l’atto si limita a replicare le argomentazioni già presentate e respinte in appello. Questo caso, relativo a un reato tributario, offre una lezione cruciale sull’importanza di formulare una critica argomentata e puntuale contro la sentenza che si intende impugnare, pena il rigetto dell’istanza e la condanna alle spese.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un imprenditore per il reato previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 74/2000, ovvero l’occultamento o la distruzione di documenti contabili al fine di evadere le imposte. La condanna, inizialmente emessa dal Tribunale, era stata pienamente confermata dalla Corte d’Appello. Di fronte a questa “doppia conforme” affermazione di responsabilità, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione. Nel suo ricorso, lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che non fosse stata provata la totale impossibilità di ricostruire il volume d’affari dell’azienda.

Il Principio del Ricorso Inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Il motivo centrale della decisione risiede nella natura stessa dell’atto di impugnazione presentato. I giudici hanno evidenziato come i motivi del ricorso non fossero altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello.

Secondo la Suprema Corte, un ricorso è ammissibile solo se si confronta specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, indicando le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che ne giustificano la critica. Riproporre le stesse questioni, ignorando di fatto la motivazione del giudice precedente, trasforma l’impugnazione in un atto apparente, privo della sua funzione essenziale: quella di sottoporre al giudice superiore una critica mirata e ragionata.

La Necessità di una Critica Argomentata

La decisione in commento chiarisce che la funzione del ricorso non è quella di ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti, ma di controllare la corretta applicazione del diritto da parte dei giudici di merito. Per questo, gli articoli 581 e 591 del codice di procedura penale impongono, a pena di inammissibilità, che i motivi di impugnazione siano specifici.

La specificità non si esaurisce nell’indicare la norma violata, ma richiede un confronto puntuale con la decisione impugnata. L’appellante o il ricorrente deve spiegare perché le ragioni del giudice precedente sono errate, basando il proprio dissenso su precisi elementi di fatto e di diritto. Un ricorso che ignora questo confronto è destinato a essere dichiarato inammissibile, in quanto non assolve alla sua funzione tipica.

Le Motivazioni della Cassazione

Nelle motivazioni, la Corte ha sottolineato che, a fronte di una doppia conforme affermazione di responsabilità, il ricorrente si era limitato a riproporre le medesime doglianze già correttamente disattese. La sentenza impugnata aveva chiarito, tra l’altro, che per configurare il reato di occultamento di scritture contabili, l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari non deve essere assoluta. Essa sussiste anche quando, per la mancanza dei documenti, sia necessario procedere a complesse acquisizioni di informazioni presso terzi, come accaduto nel caso di specie. Il ricorso, invece, si limitava ad affermazioni generiche e ipotetiche, come sostenere che le informazioni mancanti si sarebbero potute ottenere con semplici PEC ai clienti, senza fornire alcun elemento concreto a supporto.

Le Conclusioni

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione rappresenta un monito importante per gli operatori del diritto: l’impugnazione in Cassazione non è una formalità, ma un atto che richiede un’analisi critica e approfondita della sentenza di merito. La mera riproposizione di argomenti già vagliati, senza un confronto dialettico con le motivazioni del giudice, equivale a non impugnare affatto, con conseguenze negative sia in termini procedurali che economici per l’assistito.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato inammissibile per genericità?
Un ricorso è considerato inammissibile quando si limita a riproporre pedissequamente i motivi già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, senza formulare una critica argomentata e specifica avverso la sentenza oggetto di ricorso.

Cosa significa che un ricorso deve contenere una “critica argomentata”?
Significa che l’atto di impugnazione deve instaurare un confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento impugnato, indicando specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che fondano il dissenso. Non è sufficiente ripetere le proprie tesi, ma bisogna spiegare perché quelle del giudice sono errate.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta, oltre alla conferma della decisione impugnata, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, salvo che non vi sia colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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