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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di cui all’art. 473 c.p. La decisione si basa sul fatto che i motivi di ricorso erano una mera ripetizione di argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Questo vizio rende il ricorso inammissibile per mancanza di specificità, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione ribadisce il no alla mera ripetizione dei motivi d’appello

L’impugnazione di una sentenza in Corte di Cassazione è un momento cruciale del processo penale, ma non è un terzo grado di giudizio nel merito. Per questo motivo, la legge richiede che i motivi del ricorso siano specifici e non una semplice riproposizione di argomenti già discussi. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di quando un ricorso inammissibile viene dichiarato tale proprio per questa ragione, con conseguenze significative per il ricorrente.

I Fatti del Processo

Il caso analizzato riguarda una persona condannata in primo grado per il reato previsto dall’articolo 473 del codice penale. La sentenza veniva parzialmente riformata dalla Corte d’Appello, ma la condanna veniva sostanzialmente confermata. Insoddisfatto della decisione, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la contestazione relativa alla mancata esclusione di una circostanza aggravante, specificamente quella prevista dall’art. 474-ter c.p.

L’imputato, attraverso il suo difensore, lamentava una violazione di legge, sostenendo che l’aggravante non dovesse essere applicata nel suo caso. Tuttavia, come vedremo, la forma e la sostanza del suo ricorso si sono scontrate con i rigidi paletti procedurali del giudizio di legittimità.

Il Ricorso Inammissibile e la sua Natura Ripetitiva

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha immediatamente rilevato un vizio fondamentale. Il motivo presentato non era altro che una “pedissequa reiterazione”, ovvero una ripetizione letterale, delle stesse argomentazioni già avanzate nel giudizio d’appello. La Corte di merito aveva già puntualmente esaminato e respinto tali argomenti, fornendo una motivazione logica e coerente per la sua decisione di confermare l’aggravante.

Secondo la Suprema Corte, un ricorso così formulato perde la sua funzione essenziale, che è quella di sottoporre al giudice di legittimità una critica argomentata e specifica contro la decisione impugnata. Limitarsi a riproporre le stesse doglianze, senza confrontarsi con le ragioni esposte nella sentenza d’appello, trasforma i motivi di ricorso da “specifici” a meramente “apparenti”. Di conseguenza, si configura un classico caso di ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

Nella sua ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito che il giudizio di legittimità non serve a riesaminare i fatti, ma a verificare la corretta applicazione del diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Il ricorso, per essere ammissibile, deve assolvere a una “tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso”.

I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva valutato i parametri per l’applicazione della circostanza aggravante secondo un criterio logico e ben fondato. La doglianza del ricorrente, essendo una semplice riproposizione, non era in grado di mettere in discussione tale logicità. Citando precedenti giurisprudenziali consolidati, la Corte ha ribadito che la mancanza di specificità dei motivi rende il ricorso inammissibile. Pertanto, senza entrare nel merito della questione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione ha avuto conseguenze dirette e onerose per il ricorrente. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo la condanna al pagamento delle spese processuali, ma anche il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso per Cassazione deve essere preparato con cura e precisione. È indispensabile che l’atto non si limiti a ripetere le argomentazioni precedenti, ma che si confronti criticamente con la motivazione della sentenza d’appello, evidenziandone eventuali vizi di legittimità o illogicità manifeste. In caso contrario, il rischio è quello di vedersi chiudere le porte della Suprema Corte con una declaratoria di inammissibilità e una conseguente sanzione economica.

Per quale motivo un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono una mera e pedissequa reiterazione di quelli già esaminati e respinti dalla Corte di merito (in questo caso, la Corte d’Appello), senza aggiungere una critica argomentata e specifica alla sentenza impugnata.

Cosa significa che i motivi di ricorso devono essere “specifici” e non “apparenti”?
Significa che i motivi devono contenere una critica precisa e argomentata contro le parti della sentenza che si contestano. Motivi “apparenti” sono quelli che, pur sembrando formulati correttamente, in realtà non contestano la logica della decisione del giudice precedente, ma si limitano a riproporre le stesse tesi già respinte.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La persona che presenta il ricorso (il ricorrente) viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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