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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per minaccia aggravata. La decisione si fonda sul fatto che l’imputato si è limitato a riproporre le stesse censure già respinte in appello, senza confrontarsi con la motivazione della corte territoriale. Tale comportamento rende il ricorso non specifico e, di conseguenza, inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Mera Ripetizione dei Motivi

Presentare un ricorso in Cassazione richiede una tecnica precisa e argomentazioni specifiche. Non basta essere in disaccordo con una sentenza; è fondamentale dimostrare un errore di diritto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda una delle ragioni più comuni per cui un’impugnazione fallisce: la dichiarazione di ricorso inammissibile per semplice ripetizione dei motivi già discussi e respinti in appello. Analizziamo insieme questo caso per capire come evitare questo errore procedurale.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine con una condanna per il reato di minaccia aggravata (art. 612, co. 2, c.p.) emessa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto. L’imputato, oltre alla pena, era stato condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita.

La sentenza di primo grado è stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Messina. Non rassegnato, l’imputato ha deciso di portare il caso davanti alla Corte di Cassazione, ultimo grado di giudizio, chiedendo l’annullamento della sentenza d’appello.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha basato il suo ricorso su due principali doglianze:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione: si lamentava un’inadeguata valutazione delle prove processuali da parte dei giudici di merito.
2. Mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: si contestava la decisione di non applicare le attenuanti, che avrebbero comportato una riduzione della pena.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di riesaminare il merito della vicenda, un’operazione che, come vedremo, esula dai compiti della Suprema Corte.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle accuse, ma si ferma a un livello procedurale. La Corte ha stabilito che i motivi presentati non erano idonei a essere esaminati perché si trattava di censure di merito e, soprattutto, di una semplice ripetizione di argomenti già valutati e respinti dalla Corte d’Appello.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione è un’importante lezione di tecnica processuale. La Corte spiega che il ricorso è inammissibile per due ragioni fondamentali:

1. Natura delle censure: I motivi proposti erano “censure di merito”, ovvero contestazioni sulla valutazione dei fatti e delle prove. La Cassazione, tuttavia, non è un terzo grado di giudizio dove si possono riaprire i fatti; il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto (giudizio di legittimità).

2. Mera reiterazione e mancanza di specificità: Il punto cruciale della decisione risiede qui. Il ricorrente non ha fatto altro che riproporre le stesse identiche argomentazioni già presentate alla Corte d’Appello. Non ha sviluppato una critica argomentata contro la specifica motivazione con cui la Corte d’Appello aveva rigettato i suoi motivi. In pratica, ha ignorato la sentenza di secondo grado, limitandosi a ripetere il primo atto di appello. Un ricorso così formulato è considerato “non specifico” e “soltanto apparente”, perché non assolve alla sua funzione tipica, che è quella di criticare puntualmente la decisione che si impugna.

La Corte cita un proprio precedente (Cass., n. 42046/2019) per ribadire che un ricorso, per essere ammissibile, deve necessariamente confrontarsi con le ragioni della sentenza impugnata, evidenziandone gli specifici errori di diritto.

Conclusioni

Questa ordinanza evidenzia un principio fondamentale del processo penale: impugnare una sentenza, specialmente in Cassazione, non significa avere una seconda possibilità di discutere i fatti. È un’operazione tecnica che richiede di individuare e argomentare precisi vizi di legittimità della decisione precedente. Limitarsi a ripetere argomenti già respinti, senza un confronto critico con le motivazioni del giudice d’appello, porta inevitabilmente a una dichiarazione di ricorso inammissibile, con conseguente condanna a spese e sanzioni. Per gli operatori del diritto, è un monito a redigere atti di impugnazione mirati e specifici, che dialoghino criticamente con la sentenza impugnata, anziché ignorarla.

Quando un ricorso per Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a proporre censure sul merito dei fatti oppure quando consiste in una semplice ripetizione dei motivi già presentati e respinti in appello, senza una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.

Cosa si intende per “semplice reiterazione” dei motivi di ricorso?
Significa riproporre le stesse identiche argomentazioni già esaminate e rigettate dal giudice del grado precedente, senza confrontarsi specificamente con le ragioni che quel giudice ha posto a fondamento della sua decisione di rigetto.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene stabilito dal giudice tenendo conto della colpa del ricorrente nella proposizione dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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