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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per istigazione alla corruzione. La Corte ha stabilito che i motivi dell’appello erano una mera ripetizione di argomentazioni già correttamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, confermando così la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Difesa è una Semplice Ripetizione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in sede di legittimità non può essere una semplice fotocopia delle argomentazioni già presentate e respinte nei gradi di merito. Quando ciò accade, la conseguenza è una dichiarazione di ricorso inammissibile, con le relative conseguenze economiche per il proponente. Il caso in esame riguardava una condanna per istigazione alla corruzione impropria.

I Fatti di Causa

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello per il reato di istigazione alla corruzione, decideva di presentare ricorso per Cassazione. La sua linea difensiva si basava principalmente su due punti: l’asserita inoffensività della sua condotta e la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131 bis del codice penale. In sostanza, l’imputato sosteneva che il suo comportamento non avesse realmente leso alcun bene giuridico e che, in ogni caso, fosse talmente lieve da non meritare una sanzione penale.

La Decisione della Suprema Corte

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. I giudici non sono entrati nel vivo delle argomentazioni difensive, poiché hanno riscontrato un vizio preliminare che ne ha impedito l’analisi nel merito. La Corte ha stabilito che i motivi proposti erano “meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito”.

Le Motivazioni: il ricorso inammissibile per genericità e ripetitività

La motivazione dell’ordinanza è un chiaro monito sulla funzione e sui limiti del giudizio di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ripresentare le stesse prove o le stesse tesi per ottenere una nuova valutazione dei fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti.

Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato come la sentenza d’appello avesse già risposto in modo:

* Giuridicamente corretto e puntuale: le doglianze difensive erano state affrontate e smontate con argomenti conformi al diritto.
* Coerente e logico: le conclusioni dei giudici di merito erano basate su un’analisi non contraddittoria delle prove acquisite, come le relazioni di servizio redatte dal soggetto qualificato coinvolto.

In particolare, la Corte d’Appello aveva già motivato adeguatamente sulla configurabilità del reato contestato, sulla sua concreta offensività e sulla non applicabilità dell’art. 131 bis c.p., sottolineando la particolare “intensità del dolo” che caratterizzava la condotta dell’imputato. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorrente si era limitato a riproporre le medesime questioni senza sollevare reali vizi di legittimità (come un errore di diritto o un vizio logico manifesto della motivazione). Questa strategia ha portato inevitabilmente alla dichiarazione di ricorso inammissibile.

Conclusioni

La decisione in commento rafforza il principio secondo cui il ricorso per Cassazione deve essere specifico e mirato a criticare la legalità della decisione impugnata, non a sollecitare una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio. La mera riproposizione delle difese di merito si traduce in un atto non consentito dalla legge, che comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. Un esito che sottolinea l’importanza di calibrare attentamente la strategia difensiva nel passaggio al giudizio di legittimità.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono una mera ripetizione di argomentazioni già esaminate e respinte dai giudici di merito, senza individuare specifici vizi di legittimità o errori di diritto nella sentenza impugnata.

In questo caso, perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
La causa di non punibilità non è stata applicata a causa della argomentata “intensità del dolo” dell’imputato, come già stabilito dai giudici di merito. La Corte di Cassazione ha ritenuto questa motivazione adeguata e immune da vizi logici.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questa ordinanza è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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