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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 10005/2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da tre imputati contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sul principio che un ricorso non può limitarsi a una ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già dedotti e respinti nel grado precedente. La Suprema Corte ha sottolineato che un ricorso inammissibile è tale quando manca di una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata, risultando quindi solo apparente. Gli imputati sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea la Necessità di Critiche Specifiche

L’esito di un processo non si decide solo nel merito, ma anche attraverso il rispetto delle regole procedurali. Un esempio lampante è il concetto di ricorso inammissibile, un istituto che sanziona le impugnazioni carenti dei requisiti di legge. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: un ricorso che si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza una critica puntuale alla sentenza impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo questa decisione per comprenderne la portata pratica.

I Fatti del Caso

Tre individui, condannati dalla Corte d’Appello, decidevano di presentare ricorso per Cassazione. I motivi sollevati erano diversi: uno contestava la corretta qualificazione giuridica del reato, un altro lamentava la mancata applicazione di una circostanza attenuante e la presenza di un’aggravante, e un terzo si doleva genericamente del giudizio di responsabilità a suo carico. Sebbene le doglianze fossero formalmente presentate, la Suprema Corte le ha rigettate in blocco, non entrando neppure nel merito delle questioni.

L’Analisi della Corte e il Principio del Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su un unico, ma cruciale, principio: la mancanza di specificità dei ricorsi. I giudici hanno osservato come tutti i motivi presentati non fossero altro che una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte territoriale.

Secondo la Corte, un ricorso per Cassazione non può essere un semplice ‘copia e incolla’ dell’atto di appello. Deve, invece, contenere una critica argomentata e specifica rivolta direttamente contro la motivazione della sentenza che si impugna. Omettere questo confronto critico significa non assolvere alla funzione tipica dell’impugnazione, rendendo i motivi non specifici, ma solo apparenti. In sostanza, non basta dire che la Corte d’Appello ha sbagliato; è necessario spiegare perché e in che modo la sua motivazione sarebbe errata, illogica o contraddittoria.

La Reiterazione dei Motivi su Qualificazione e Circostanze

Nello specifico, la Corte ha rilevato che le contestazioni sulla qualificazione giuridica del fatto e sulla valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti erano state ampiamente trattate e motivate dalla Corte d’Appello. Ad esempio, i giudici di secondo grado avevano spiegato nel dettaglio (pagine 8 e 9 della sentenza) le ragioni per cui non era possibile accedere a una diversa qualificazione del reato o perché l’ora e il luogo dell’aggressione avessero oggettivamente ostacolato la difesa della vittima, giustificando l’aggravante. I ricorsi, ignorando tali spiegazioni, si sono limitati a riproporre le loro tesi, senza contestare la logicità del ragionamento del giudice d’appello. Questo comportamento processuale è stato sanzionato con la declaratoria di ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione è chiara e rigorosa. Un ricorso è ammissibile solo se instaura un dialogo critico con la decisione impugnata. La ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi d’appello interrompe questo dialogo, trasformando l’impugnazione in un atto sterile che non attacca le fondamenta logico-giuridiche della sentenza precedente. La funzione del ricorso di legittimità non è ottenere un terzo giudizio sul fatto, ma controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza di secondo grado. Se il ricorrente non si confronta con tale motivazione, il suo ricorso è privo della sua funzione essenziale e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per avvocati e assistiti. Presentare un ricorso in Cassazione richiede un lavoro di analisi approfondito e mirato, non la semplice riproposizione di argomenti già spesi. È indispensabile individuare i vizi specifici della sentenza d’appello e costruire su di essi un’argomentazione critica e pertinente. In caso contrario, il rischio non è solo quello di vedere il proprio ricorso respinto, ma anche di essere condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie, con un’ulteriore aggravio per l’assistito.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si configura come una ‘pedissequa reiterazione’, ovvero si limita a ripetere i motivi già presentati e respinti nel grado di appello, senza sviluppare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘apparente’ e non ‘specifico’?
Un motivo è ‘apparente’ quando omette di assolvere alla sua funzione tipica, che è quella di una critica argomentata contro la decisione oggetto di ricorso. Invece di confrontarsi con il ragionamento del giudice precedente, si limita a riproporre una tesi difensiva in modo generico, rendendo l’impugnazione priva di reale contenuto critico.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile per chi lo presenta?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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