Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Mera Ripetizione dei Motivi d’Appello
Presentare ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, una fase delicata in cui la forma e la sostanza dei motivi sono fondamentali. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa derivare dalla semplice riproposizione di argomenti già esaminati. In questo articolo, analizzeremo la decisione e le sue implicazioni, sottolineando l’importanza della specificità dei motivi di ricorso.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per il reato di ricettazione emessa dalla Corte d’Appello. L’imputato, ritenendo ingiusta la sentenza, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: un presunto vizio di motivazione per travisamento della prova in relazione all’affermazione della sua responsabilità penale. In sostanza, la difesa contestava il modo in cui i giudici di merito avevano valutato le prove a carico, in particolare il riconoscimento effettuato dagli agenti di polizia giudiziaria.
La Decisione della Corte e il Principio del ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 29 ottobre 2024, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione è netta: i motivi presentati non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già sollevati e puntualmente respinti nel giudizio d’appello. Secondo gli Ermellini, un ricorso con queste caratteristiche non assolve alla sua funzione tipica, che è quella di una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le stesse questioni sperando in un esito diverso. Di conseguenza, i motivi sono stati considerati non specifici, ma solo apparenti.
Il Valore Probatorio del Riconoscimento da Parte della Polizia Giudiziaria
La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Il riconoscimento di un soggetto operato da addetti di polizia giudiziaria costituisce un accertamento di mero fatto. Come tale, è un materiale probatorio pienamente utilizzabile nel giudizio, soggetto al principio del libero apprezzamento del giudice di merito. L’unico limite imposto al giudice è quello di motivare il proprio convincimento. Se tale motivazione non risulta palesemente illogica, non può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione, che non è un terzo grado di merito ma un giudice di legittimità.
Le Motivazioni dietro la Dichiarazione di Inammissibilità
La motivazione della Corte si fonda su due pilastri. Il primo è di natura procedurale: il ricorso per Cassazione deve contenere motivi nuovi e specifici, che critichino in modo puntuale le argomentazioni della sentenza d’appello. La semplice riproposizione delle doglianze già esaminate e respinte non è sufficiente. Questo trasforma il ricorso in un atto meramente apparente, privo della sostanza necessaria per innescare un vero giudizio di legittimità.
Il secondo pilastro è di merito sostanziale. La Corte ha chiarito che la valutazione delle prove, come il riconoscimento dell’imputato, è una prerogativa esclusiva del giudice di merito. La Cassazione non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare che la motivazione della sentenza sia logica, coerente e non contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata per la sua decisione, rendendo l’operato del giudice di merito incensurabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Non è sufficiente essere convinti della propria innocenza o dell’ingiustizia di una sentenza. È indispensabile che il ricorso sia costruito su censure specifiche, che attacchino la logicità e la coerenza giuridica del ragionamento seguito dal giudice d’appello, evitando di riproporre sterilmente le stesse argomentazioni. In caso contrario, il rischio concreto non è solo la conferma della condanna, ma anche la dichiarazione di un ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come la somma di tremila euro inflitta in questo caso.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se manca dei requisiti previsti dalla legge. Nel caso specifico, è stato ritenuto tale perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.
Che valore ha il riconoscimento di una persona effettuato dalla polizia giudiziaria?
Secondo la Corte, il riconoscimento effettuato dagli agenti di polizia giudiziaria è un accertamento di fatto e costituisce materiale probatorio utilizzabile. La sua valutazione è rimessa al libero apprezzamento del giudice di merito, il cui giudizio non è sindacabile in Cassazione se la motivazione fornita non è palesemente illogica.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questa vicenda, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4130 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4130 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a VITTORIA il 12/11/1987
avverso la sentenza del 03/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME Salvatore;
considerato che l’unico motivo, con cui si deduce vizio di motivazione per travisamento della prova in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di ricettazione ascritto all’odierno ricorrente, non è consentito in questa sede, perché fondato su profili di censura che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si vedano in particolare pagg.2 e 3 della impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che questa Corte di legittimità ha affermato più volte come il riconoscimento del soggetto agente operato dagli addetti di polizia giudiziaria costituisce accertamento di mero fatto, e, come tale, è materiale probatorio utilizzabile nel giudizio, in base al libero apprezzamento del giudice di merito (cfr. Sez. 6, n. 25721 del 18/04/2003, Rv. 225574 – 01; Sez. 5, n. 6456 del 01/10/2015 (dep. 2016), Verde, Rv. 266023 – 01; Sez. 6, n. 2662 del 08/11/1995 Ud. (dep.1996) Rv. 204515 – 01), che non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, e che, dunque, se non illogico, non può essere oggetto di sindacato davanti a questa Corte;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 29/10/2024