Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8226 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 8226  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/04/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
 Con sentenza del 28/04/2023 la Corte d’appello de L’Aquila, in parziale riforma della sentenza del 15/12/2020 del GIP presso il Tribunale di Avezzano, rideterminava la pena irrogata a NOME COGNOME in anni 4 di reclusione ed euro 4).000,00 di multa, in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990.
 Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’articolo 73 d.P.R. 309/1990, 192 cod. proc. pen..
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine agli articoli 62-bis cod. pen., 133 cod. pen., in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3.  Il ricorso è inammissibile.
Entrambi i motivi – che possono essere trattati congiuntamente – costituiscono pedissequa reiterazione di doglianze formulate in appello e motivatamente respinte dai giudici di secondo grado; essi, pertanto, difettano di specificità, omettendo di confrontarsi con il contenuto del provvedimento impugnato.
Inoltre, essi sono sviluppati in modo totalmente fattuale, e le censure tendono a proporre una lettura alternativa del materiale probatorio non consentita in cassazione, soprattutto a fronte di una «doppia conforme» di responsabilità.
Il ricorrente, in sede di appello, aveva sostenuto che non vi fosse prova che il borsello, rinvenuto all’interno dell’autovettura a bordo della quale il COGNOME e il coimputato COGNOME viaggiavano, contenente circa un chilo di stupefacente del tipo cocaina, trovato dall’unità cinofila degli operanti, fosse di proprietà del COGNOME.
La sentenza impugnata spiega in modo non manifestamente illogico o contraddittorio che la versione del COGNOME, secondo cui il borsello fosse del COGNOME e che i due si fossero recata a Milano per il funerale di un parente dell’amico, è inverosimile (il viaggio è stato rapidissimo, non sono neppure stati indicati i presunti parenti), mentre il COGNOME si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Evidenzia la Corte territoriale la “fantasiosità” della tesi difensiva, secondo cui una terza ignota persona, per motivi sconosciuti, avrebbe dovuto porre il borsello contenente la droga, all’interno dell’autovettura, e per di più all’interno del Comando della RAGIONE_SOCIALE di Finanza, dove venne rinvenuto e repertato.
Quanto alle circostanze attenuanti generiche, evidenzia la Corte di appello l’assenza di positivi elementi di valutazione in tal senso e la presenza, a suo dire ostativa, di un precedente specifico.
Con tale motivazione il ricorso non si confronta affatto, limitandosi ad una contestazione meramente fattuale e rivalutativa, così manifestando un mero «dissenso» rispetto alla motivazione offerta dal provvedimento impugnato.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.