Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Mera Ripetizione dei Motivi d’Appello
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione affronti un ricorso inammissibile, specialmente quando questo si limita a riproporre argomenti già esaminati e respinti nei gradi di giudizio precedenti. Analizziamo una vicenda di estorsione per comprendere i criteri di ammissibilità di un ricorso e le ragioni che portano a una sua reiezione.
I Fatti del Caso: Minacce e Richieste di Denaro
La vicenda giudiziaria nasce da una condanna per il reato di estorsione. L’imputato, secondo quanto ricostruito nei giudizi di merito, aveva rivolto ripetute minacce alla persona offesa, che lavorava presso un’agenzia immobiliare. Le frasi intimidatorie facevano riferimento a un presunto ‘intervento protettivo’ che l’imputato avrebbe compiuto in passato. Le minacce si erano fatte più esplicite, arrivando a ipotizzare di ‘far saltare con degli spari la vetrina’ dell’agenzia e facendo allusioni a una passata esperienza carceraria, al fine di rafforzare il proprio potere intimidatorio. La richiesta di denaro era giustificata con il pretesto di dover rimborsare una somma asseritamente pagata per evitare un attentato dinamitardo a un locale, una motivazione che i giudici hanno considerato un pretesto illecito.
La Decisione della Cassazione sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio procedurale consolidato: i motivi di ricorso non possono essere una semplice riproposizione di quanto già dedotto in appello, ma devono contenere una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza impugnata. In caso contrario, il ricorso manca della sua funzione tipica e si rivela solo apparentemente specifico.
L’Assenza di Specificità dei Motivi
I giudici hanno evidenziato che entrambi i motivi presentati dal ricorrente – uno sulla sussistenza del dolo di estorsione e l’altro sulla presunta convinzione di esercitare un proprio diritto – erano una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già puntualmente disattesi dalla Corte d’Appello. Non essendo state sollevate nuove e pertinenti critiche alla logica della sentenza di secondo grado, il ricorso è stato considerato privo della necessaria specificità.
La Prova del Dolo di Estorsione
Per quanto riguarda il primo motivo, la Cassazione ha confermato la validità del ragionamento della Corte d’Appello. La motivazione della sentenza impugnata, esente da vizi logici, aveva chiaramente esplicitato le ragioni del convincimento dei giudici, basandosi sulle ripetute frasi minacciose e sulle allusioni a un passato criminale, elementi sufficienti a integrare il dolo del reato di estorsione.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte Suprema si concentrano sulla natura del giudizio di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di merito dove si possono rivalutare i fatti, ma un organo che verifica la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze precedenti. In questo caso, il giudice d’appello aveva correttamente motivato la sua decisione. Aveva spiegato perché le azioni dell’imputato costituissero estorsione e non un ‘esercizio arbitrario delle proprie ragioni’. La richiesta di denaro basata su un pretesto illecito, come il pagamento per sventare un attentato, non può essere considerata l’esercizio di una giusta pretesa. La motivazione era completa, logica e sufficiente, e il ricorso non è riuscito a scalfirne la tenuta.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi intende presentare ricorso in Cassazione: non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione precedente. È necessario articolare una critica mirata, specifica e argomentata che metta in luce vizi di legge o difetti logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che si limita a ripetere le stesse difese già respinte in appello è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
 
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Secondo la decisione, un ricorso è inammissibile quando i motivi sono una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi, omettendo di svolgere una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.
Come è stato provato il dolo di estorsione nel caso specifico?
Il dolo è stato confermato sulla base della motivazione della corte di merito, che ha evidenziato come l’imputato avesse rivolto alla vittima frasi minacciose, facendo riferimento a un suo intervento ‘protettivo’, minacciando di sparare alla vetrina dell’agenzia e alludendo alla propria esperienza in carcere.
Perché la richiesta di denaro non è stata considerata un legittimo esercizio di un diritto?
Perché la richiesta, motivata con il pretesto di una somma asseritamente pagata per non far saltare in aria un locale, è stata ritenuta un pretesto illecito e non una pretesa giuridicamente tutelabile, come sarebbe invece richiesto per la fattispecie dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35265 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 35265  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/02/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo ed il secondo motivo di ricorso, che contestano la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità censurando la motivazione della sentenza, rispettivamente sulla sussistenza del dolo di estorsione e sulla convinzione dell’imputato di esercitare una giust pretesa, sono entrambi indeducibili perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disatte dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltant apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critic argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, in relazione al primo motivo di ricorso, il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento illustrando, alla pagine 4, 5 e 6 della sentenza impugnata, come l’imputato rivolgesse alla persona offesa ripetutamente frasi che facevano riferimento ad un suo avvenuto intervento protettivo e avesse anche minacciato di far saltare con degli spari la vetrina dell’agenzia immobiliare dove lavorava, aggiungendo allusioni alla propria esperienza maturata in carcere che, in relazione al secondo motivo, il giudice d’appello ha correttamente motivato, alla pagina sei della sentenza impugnata, dando conto di come la richiesta di denaro, motivata con una somma asseritamente pagata per non far saltare in aria un locale fosse solamente un pretesto illecito, non sussumibile nel fattispecie dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 23 settembre 2025.