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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per furto in abitazione. La decisione si fonda sul fatto che l’unico motivo di appello era una mera riproduzione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Spiega Quando l’Appello è Solo una Copia

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un appello possa essere dichiarato ricorso inammissibile quando non introduce nuovi elementi di valutazione. La Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per furto in abitazione, sottolineando un principio fondamentale della procedura penale: non è possibile limitarsi a riproporre le stesse censure già vagliate e respinte nel precedente grado di giudizio.

I Fatti del Caso: dal Furto in Abitazione all’Appello in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di furto in abitazione. L’imputato, dopo la sentenza di primo grado, vedeva confermata la sua colpevolezza anche dalla Corte d’Appello di Firenze. Non rassegnandosi alla decisione, decideva di presentare un ultimo appello presso la Corte di Cassazione, l’organo supremo della giustizia italiana.

L’Unico Motivo di Ricorso e la sua Debolezza

Il cardine del ricorso presentato alla Cassazione si basava su un’unica istanza: la richiesta di applicazione della circostanza attenuante prevista dall’articolo 62, numero 4, del codice penale. Questa norma consente una riduzione di pena quando il danno patrimoniale causato dal reato è di speciale tenuità. Tuttavia, questa stessa richiesta era già stata avanzata e motivatamente respinta dal giudice di merito nel precedente giudizio.

Le Motivazioni della Cassazione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 18 gennaio 2024, ha stabilito che il motivo di ricorso era meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte d’Appello. In altre parole, l’imputato non ha sollevato nuove questioni di legittimità o vizi procedurali, ma si è limitato a ripetere le stesse argomentazioni. Questo comportamento processuale rende il ricorso inammissibile, poiché l’appello in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sul merito dei fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Le motivazioni

La Corte ha rilevato che il giudice di merito aveva già fornito corretti argomenti giuridici per rigettare la richiesta di applicazione dell’attenuante. Riproporre la medesima questione senza contestare specificamente la logicità o la correttezza giuridica del ragionamento della Corte d’Appello trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione. Pertanto, in assenza di vizi di legittimità, il ricorso non può superare il vaglio di ammissibilità.

Le conclusioni

Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Tale decisione ha comportato due conseguenze economiche significative per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese del procedimento e il versamento di una somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce l’importanza di formulare ricorsi basati su vizi specifici della sentenza impugnata, evitando la sterile ripetizione di argomentazioni già esaminate.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché l’unico motivo presentato era una mera ripetizione di argomentazioni già valutate e respinte con motivazioni corrette dalla Corte d’Appello.

Qual era l’unico motivo di ricorso presentato dall’imputato?
L’imputato chiedeva il riconoscimento della circostanza attenuante per aver causato un danno patrimoniale di speciale tenuità, come previsto dall’art. 62, n. 4, del codice penale.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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