Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Controllo di Legittimità
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisce un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi presentati non sono altro che una riproposizione di questioni già decise nei precedenti gradi di giudizio. Questo caso, relativo a una condanna per reati in materia di stupefacenti, evidenzia i confini precisi del giudizio di legittimità e il principio della discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena.
Il Percorso Giudiziario: dalla Condanna al Ricorso
Il ricorrente era stato condannato sia in primo grado dal Tribunale di Terni sia in secondo grado dalla Corte di Appello di Perugia per un reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, che punisce i fatti di lieve entità. Non accettando la conferma della condanna, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, affidandosi a diversi motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e il Principio della “Mera Ripetizione”
Le censure mosse dall’imputato si concentravano principalmente su presunte violazioni di legge relative alla commisurazione della pena. In particolare, si lamentava il mancato riconoscimento di circostanze attenuanti, sia comuni (art. 62 n. 4 c.p.) sia generiche (art. 62-bis c.p.), e si criticava l’illogicità della motivazione fornita dalla Corte d’Appello per negarle.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha tagliato corto, rilevando che i motivi sollevati non erano nuovi. Essi erano, di fatto, una “mera riproduzione” delle argomentazioni già presentate, esaminate e correttamente respinte dalla Corte territoriale. In questi casi, il ricorso perde la sua funzione di critica vincolata contro specifici errori di diritto del provvedimento impugnato e si trasforma in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito della questione, cosa non permessa in sede di legittimità.
Il Ricorso Inammissibile e la Discrezionalità del Giudice di Merito
Il punto centrale della decisione è il ruolo della Corte di Cassazione. Il suo compito non è rivalutare i fatti o la congruità della pena, ma verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su due pilastri fondamentali. Primo, i motivi erano meramente riproduttivi di censure già adeguatamente vagliate e disattese dalla Corte territoriale, come indicato nelle pagine 2 e 3 della sentenza d’appello. Secondo, per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, la sua determinazione è “naturalmente rimessa alla discrezionalità del giudice di merito”. Questa scelta diventa incensurabile in Cassazione a meno che non sia frutto di puro arbitrio o basata su una motivazione manifestamente illogica. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici d’appello fosse ben motivata e non arbitraria, rendendo quindi inammissibile ogni ulteriore discussione.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio cruciale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione deve evidenziare vizi di legittimità specifici e non può essere utilizzato come un’ulteriore istanza per ridiscutere il merito delle decisioni dei giudici dei gradi inferiori. La dichiarazione di inammissibilità comporta conseguenze onerose per il ricorrente, che viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, come nel caso di specie, si limita a riproporre gli stessi motivi di doglianza già esaminati e respinti nei precedenti gradi di giudizio, senza sollevare reali questioni di legittimità o vizi di legge della sentenza impugnata.
La Corte di Cassazione può modificare la pena decisa da un altro giudice?
No, la determinazione della pena (trattamento sanzionatorio) rientra nella discrezionalità del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione a sostegno della pena è manifestamente illogica o arbitraria, ma non può sostituire la sua valutazione a quella del giudice precedente.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso non consentito dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1172 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1172 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 25/06/1988
avverso la sentenza del 13/10/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME ricorre avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte di appello di Perugia che ha confermato la pronuncia di condanna del Tribunale di Terni per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Ritenuto che i motivi sollevati (Violazione dell’art. 597, comma 5, cod. proc. pen.; violazione dell’art. 62, n. 4, cod. pen.; mancanza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen.; violazione dell’art. 62-bis cod. pen.; illogicità della motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche) non sono consentiti in sede di legittimità, perché meramente riproduttivi di profili di censura già tutti adeguatamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale (pp. 2 e 3 sent. imp.). Quanto al trattamento sanzionatorio, occorre ricordare che la sua determinazione è naturalmente rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, risultando pertanto incensurabile, qualora, come nel caso di specie, non sia frutto di arbitrio o sia assistita da motivazione manifestamente illogica;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il r sidente