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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione?

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per ricettazione (art. 648 c.p.). La decisione si fonda sul fatto che i motivi presentati dall’imputato erano una mera e pedissequa reiterazione di quelli già respinti dalla Corte d’Appello, risultando quindi non specifici e solo apparenti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Spiega Quando i Motivi Sono Solo Apparenti

Presentare un ricorso in Cassazione richiede una tecnica e una precisione particolari. Non basta essere in disaccordo con una sentenza di condanna; è necessario articolare critiche specifiche e pertinenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la semplice riproposizione dei motivi già discussi e respinti in appello rende il ricorso inammissibile. Questo principio sottolinea l’importanza di una difesa tecnica che sappia evolvere le proprie argomentazioni in ogni grado di giudizio.

Il Caso: Dalla Condanna per Ricettazione al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Firenze per il reato di ricettazione, previsto dall’articolo 648 del codice penale. L’imputato, ritenendo errata la decisione dei giudici di secondo grado, decideva di presentare ricorso per Cassazione. Il fulcro della sua difesa si concentrava su un unico motivo: la contestazione della correttezza della motivazione fornita dalla Corte d’Appello riguardo alla qualificazione giuridica del fatto, ovvero l’averlo inquadrato proprio come ricettazione.

L’Analisi della Corte e la Dichiarazione di Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte, nell’esaminare il caso, ha adottato una posizione netta e rigorosa. Ha dichiarato il ricorso presentato dall’imputato totalmente inammissibile. La ragione di tale drastica decisione non risiede in un’analisi del merito della questione, ma in un vizio procedurale fondamentale che ha reso l’impugnazione priva di qualsiasi efficacia.

La Critica alla Mancanza di Specificità

I giudici di legittimità hanno osservato che i motivi addotti dal ricorrente non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già sollevati nel giudizio d’appello. In quella sede, la Corte territoriale li aveva già esaminati e puntualmente disattesi, fornendo una spiegazione nelle pagine 3 e 4 della sentenza impugnata. Riproporre le stesse identiche argomentazioni senza un’adeguata critica alla risposta del giudice precedente trasforma il ricorso in un atto privo della necessaria specificità richiesta dalla legge.

La Distinzione tra Motivo Apparente e Critica Argomentata

La Cassazione ha sottolineato che i motivi, in questo modo, diventano “non specifici ma soltanto apparenti”. Essi omettono di assolvere la funzione tipica di un ricorso, che è quella di sviluppare una “critica argomentata” avverso la sentenza oggetto di impugnazione. Non è sufficiente manifestare un generico dissenso; è indispensabile confrontarsi con le ragioni esposte nella decisione che si contesta, evidenziandone le presunte falle logiche o giuridiche. In assenza di questo confronto critico, il ricorso si svuota della sua funzione essenziale.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte Suprema si fonda su un principio cardine del processo penale: il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito. La sua funzione è quella di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non di riesaminare i fatti. Un ricorso che si limita a ripetere le argomentazioni di merito già valutate non sollecita questo tipo di controllo, ma chiede impropriamente una nuova valutazione del fatto. Per questo motivo, la legge processuale esige che i motivi di ricorso siano specifici, indicando con precisione le parti del provvedimento contestate e le ragioni giuridiche della critica. La mera ripetizione degli argomenti d’appello dimostra l’incapacità del ricorrente di formulare una critica mirata contro la motivazione della sentenza di secondo grado, rendendo di fatto l’impugnazione un atto sterile e, pertanto, inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento cruciale per ogni difensore. La stesura di un ricorso per Cassazione deve essere un esercizio di precisione tecnica e non una semplice riproposizione di atti precedenti. È fondamentale analizzare a fondo la motivazione della sentenza d’appello e costruire su di essa una critica puntuale, logica e fondata su vizi di legittimità. In caso contrario, il rischio concreto non è solo il rigetto del ricorso, ma una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende. La difesa efficace si misura anche nella capacità di adattare la propria strategia alle specificità di ogni grado di giudizio.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile per genericità?
Quando si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.

Qual è la conseguenza di un ricorso inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza che nel caso di specie è stata di tremila euro.

Cosa significa che i motivi di ricorso sono “soltanto apparenti”?
Significa che, pur essendo formalmente presentati, non svolgono la loro funzione tipica, ovvero quella di criticare in modo logico e argomentato la decisione del giudice precedente, ma si limitano a riproporre le stesse tesi senza confrontarsi con le ragioni della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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