Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44946 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44946 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato a CASAL DI PRINCIPE il 02/01/1959 avverso l’ordinanza del 07/08/2024 del TRIBUNALE di SANTA MARIA COGNOME VETERE udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Proc. Gen. Dr.ssa NOME COGNOME che chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in qualità di giudice dell’esecuzione, con ordinanza in data 7 agosto 2024 dichiarava inammissibile l’istanza presentata nell’interesse di COGNOME NOME e volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione fra fatti di cui a due sentenze di condanna, l’una alla pena di anni dieci di reclusione per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 17/11/2016 e l’altra alla pena di anni quattro di reclusione per il reato di cui agli artt. 319, 321 cod. pen. emessa dal Tribunale di Napoli Nord il 22/6/2016.
Nonostante, infatti, la celebrazione di un’udienza in contraddittorio, anzichØ l’adozione di un provvedimento de plano, il giudice dell’esecuzione rilevava la identità fra la istanza oggetto della disamina e altra rigettata con ordinanza del 9/10/23, ordinanza oggetto di ricorso per Cassazione, rigettato.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso il condannato tramite il difensore di fiducia, esponendo quali motivi di doglianza la violazione dell’art. 81 cod. pen., la manifesta illogicità della motivazione, nonchØ l’inosservanza dell’art. 125 cod. proc. pen.
In particolare, riteneva il ricorrente che l’istanza non fosse meramente ripetitiva di altra precedente, ma presentasse profili innovativi che non erano stati in alcun modo esaminati.
Evidenziava come al COGNOME fosse contestato di creare e/o gestire attività imprenditoriali da utilizzare come scambio posti di lavoro e utilità personali; in detta condotta rientrava anche l’assunzione della moglie dell’agente penitenziario NOMECOGNOME
Il progetto criminoso che si era così delineato valeva anche per il futuro, dalla
conclusione del patto alla condotta corruttiva; veniva evidenziata la identica finalità dello scambio e delle modalità.
Ulteriore aspetto di novità era lo scopo individuale perseguito dal COGNOME; il ricorrente evidenziava come non fossero state valutate due conversazioni intercettate che coinvolgevano l’agente COGNOME e risalivano all’anno precedente e che, secondo il ricorrente, provavano che l’accordo corruttivo risaliva ad un anno prima dell’inizio della carcerazione.
Ulteriore elemento non vagliato era la peculiarità della continuazione con riferimento ai reati associativi.
La sostituta procuratrice generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
In tema di procedimento esecutivo, il decreto di inammissibilità può essere emesso “de plano”, in assenza di contraddittorio, solo nelle ipotesi espressamente richiamate dall’art. 666, comma secondo, cod. proc. pen., di manifesta infondatezza dell’istanza, ossia di difetto delle condizioni di legge, intese in senso restrittivo come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, ma direttamente imposti dalla legge, oppure di mera riproposizione di richiesta già rigettata. Ogni qualvolta, invece, si pongano problemi di valutazione che impongono l’uso di criteri interpretativi in relazione al “thema probandum”, deve essere data all’istante la possibilità di instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto – sul modello di quello tipico ex art. 127 cod. proc. pen. – dall’art. 666, commi 3 e seg., cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 40750 del 02/10/2009 Rv. Rv. 245119 – 01.)
Del tutto correttamente, dunque, il tribunale ha fissato udienza al fine di delibare – nel contraddittorio fra le parti – gli elementi – asseritamente di novità – inseriti nell’istanza per poi verificare che si trattava di argomentazioni del tutto reiterative delle precedenti.
La lettura del provvedimento impugnato rende giustizia delle critiche mosse: il Tribunale prende in considerazione tutte le argomentazioni giuridiche e tutti gli elementi prospettati come nuovi, rilevando come già nella prima ordinanza fossero state esaminate le due conversazioni intercettate e alcuni passaggi delle ordinanze di custodia cautelare.
Quanto al rilievo difensivo, ritenuto nuovo, secondo cui l’addebito mosso al COGNOME di contribuire agli scopi associativi creando, ovvero cogestendo attività imprenditoriali per avere a disposizione posti di lavoro da promettere in cambio di utilità e di cui alla prima sentenza di condanna, si sarebbe ricollegato alla condotta corruttiva posta in essere in occasione della detenzione avvenuta nel 2015, lo stesso Ł meramente ripropositivo di analoghe argomentazioni, volte ad esaltare il filo unitario che ricollegherebbe le due condotte.
Sul punto il provvedimento impugnato ha rilevato come gli stessi aspetti presentati come nuovi in realtà erano già stati vagliati nella precedente ordinanza così come anche le due conversazioni intercettate che, nella prospettiva del ricorrente, farebbero retroagire le condotte corruttive di un anno, erano già state esaminate in precedenza e, dunque, nemmeno queste rappresentavano un elemento di novità rispetto al pregresso.
2. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro 3.000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 08/11/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME