Ricorso Inammissibile: la Cassazione Spiega Quando i Motivi Sono Pura Ripetizione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per legittimità non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Quando ciò accade, la conseguenza è la dichiarazione di ricorso inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Questo caso offre uno spunto chiaro per comprendere i limiti del giudizio di Cassazione e l’importanza di formulare motivi di ricorso che attengano a questioni di diritto e non di fatto.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna per il reato di appropriazione indebita, previsto dall’art. 646 del codice penale. L’imputato era stato ritenuto responsabile di aver trattenuto per sé degli assegni che avrebbe dovuto consegnare ad un’altra persona. La sua difesa aveva contestato la correttezza della ricostruzione dei fatti e la sussistenza stessa del reato.
Inoltre, era stata richiesta l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., richiesta che era stata respinta. Dopo la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando nuovamente sia la valutazione della sua responsabilità penale sia il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
L’Analisi della Corte sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha giudicati immediatamente inammissibili. La ragione di tale decisione risiede nella natura stessa dei motivi proposti. Secondo i giudici, l’imputato non ha sollevato questioni relative a vizi di legittimità della sentenza impugnata (come un’errata applicazione della legge o un vizio di motivazione), ma si è limitato a riproporre le stesse censure già presentate e puntualmente respinte dalla Corte territoriale.
Questo comportamento è definito in gergo tecnico come “pedissequa reiterazione” dei motivi d’appello. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice della legittimità. Il suo compito non è rivalutare le prove o decidere se l’imputato ‘ha fatto o non ha fatto’, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.
Le Motivazioni della Decisione
Nel dettaglio, la Corte ha osservato che la sentenza d’appello aveva correttamente individuato tutti gli elementi costitutivi del reato di appropriazione indebita. In particolare, era stata accertata la cosiddetta “interversione del possesso”, ovvero il momento in cui l’imputato, che deteneva legittimamente gli assegni per conto di altri, ha iniziato a comportarsi come se ne fosse l’effettivo proprietario, negandone la restituzione.
Anche riguardo al mancato accoglimento della richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p., la Corte ha ritenuto la decisione del giudice di merito adeguatamente motivata. La particolare tenuità del fatto era stata esclusa in considerazione della gravità del danno arrecato alla persona offesa, desunta anche dal numero di assegni illecitamente trattenuti. Trattandosi di valutazioni di merito, supportate da una motivazione logica, esse non sono sindacabili in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorso, essendo fondato unicamente su motivi di merito, è stato dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione in commento rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione deve essere mirato a denunciare specifici errori di diritto. Tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti si traduce in un ricorso inammissibile, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e il pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di calibrare attentamente le strategie difensive, evitando impugnazioni che non rispettino i rigorosi limiti del giudizio di legittimità.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni di merito già valutate e respinte nel giudizio d’appello, senza sollevare reali questioni sulla corretta applicazione della legge (questioni di legittimità).
Perché la Corte ha ritenuto corretta la decisione di non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Perché la Corte d’Appello aveva motivato adeguatamente il diniego basandosi sulla gravità del danno arrecato alla persona offesa, evidenziata anche dal numero di assegni trattenuti dall’imputato. Questa è una valutazione di merito che, se logicamente motivata, non può essere riesaminata in Cassazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata quantificata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44844 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44844 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BRINDISI il 14/04/1980
avverso la sentenza del 06/12/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che entrambi i motivi di ricorso, che contestano la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 646 cod. pen. e il mancato accoglimento della richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., sono fondati su motivi – schiettamente di merito, e dunque non consentiti – che comunque si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte territoriale (cfr. p. 4 della sentenza impugnata, dove il giudice del merito ha correttamente individuato gli elementi costitutivi della condotta delittuosa contestata, data l’interversione del possesso, negando, inoltre, l’applicazione della richiesta attenuante alla luce della gravità del danno arrecato alla p.o., dato il numero di assegni trattenuti dall’imputato);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 29/10/2024