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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione?

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per resistenza a pubblico ufficiale. I motivi sono stati ritenuti una mera ripetizione di censure già respinte in appello e una questione, la recidiva, sollevata per la prima volta in Cassazione.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sancisce il Divieto di Ripetere i Motivi d’Appello

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non può essere una semplice ripetizione dei motivi già presentati e respinti in appello. Quando ciò accade, il risultato è un ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo insieme questa importante decisione per comprendere le regole che governano l’accesso al giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

Due soggetti venivano condannati in primo e secondo grado per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 337 del codice penale. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 12 dicembre 2024, confermava la loro responsabilità penale. Non rassegnati, i due imputati proponevano ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi per cercare di ribaltare il verdetto.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte

I ricorrenti basavano la loro difesa su due argomentazioni principali. La prima, comune a entrambi, contestava la sussistenza stessa della loro responsabilità per il reato di resistenza. La seconda, sollevata con motivi distinti ma collegati, riguardava l’applicazione della recidiva, un’aggravante legata a precedenti condanne.

Quando un ricorso inammissibile è solo una fotocopia

La Corte di Cassazione ha esaminato il primo gruppo di motivi, relativo alla responsabilità penale, e li ha giudicati immediatamente inammissibili. La ragione è netta: le censure presentate erano una mera reiterazione di quelle già formulate davanti alla Corte d’Appello. Quest’ultima le aveva già respinte con una motivazione considerata logica e congrua. La difesa, secondo la Suprema Corte, non si era confrontata criticamente con le argomentazioni della sentenza d’appello, ma si era limitata a riproporre il proprio dissenso. Questo comportamento processuale non è consentito nel giudizio di legittimità, che non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Questioni Nuove in Cassazione: una strada non percorribile

Anche il secondo gruppo di motivi, riguardante la recidiva, ha subito la stessa sorte. La Corte ha rilevato che questa specifica questione non era mai stata sollevata nel giudizio di appello. Introdurre una doglianza per la prima volta in sede di Cassazione è proceduralmente vietato. I motivi di ricorso devono vertere su punti già devoluti e discussi nei gradi di merito, salvo eccezioni non pertinenti al caso di specie. Di conseguenza, anche questi motivi sono stati dichiarati inammissibili.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri del nostro sistema processuale. In primo luogo, il principio che vieta la proposizione di censure meramente ripetitive, che non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata. Il ricorso per Cassazione deve evidenziare vizi specifici della decisione di secondo grado (violazione di legge o vizio di motivazione), non riproporre una valutazione dei fatti alternativa a quella dei giudici di merito. In secondo luogo, vige il principio della devoluzione, secondo cui il giudizio di legittimità è circoscritto alle questioni già sottoposte al giudice d’appello. Introdurre ‘a sorpresa’ nuovi temi in Cassazione minerebbe la struttura stessa del processo, che prevede una progressione ordinata delle fasi di giudizio.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza serve da monito: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’analisi tecnica e approfondita, non una semplice riproposizione di argomenti già spesi. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per i ricorrenti di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione sottolinea l’importanza di una strategia difensiva che articoli chiaramente e in modo specifico ogni censura in appello, poiché le omissioni o le argomentazioni generiche possono precludere la via del ricorso al massimo organo della giurisdizione.

È possibile presentare in Cassazione gli stessi motivi di ricorso già discussi e respinti in Appello?
No, il ricorso è dichiarato inammissibile se si limita a reiterare censure già formulate in appello e disattese con motivazione congrua, senza confrontarsi criticamente con essa.

Si può sollevare una nuova questione, come quella sulla recidiva, per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte ha stabilito che i motivi aventi ad oggetto questioni non sollevate nel giudizio di appello sono inammissibili se dedotti per la prima volta in sede di legittimità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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