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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per il reato di cui all’art. 474 c.p. La decisione si fonda sul fatto che i motivi presentati erano una mera e pedissequa reiterazione di quelli già dedotti e respinti in appello, mancando quindi del requisito di specificità richiesto per un’efficace critica alla sentenza impugnata.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione dice NO alla Mera Ripetizione dei Motivi

Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica, precisione e, soprattutto, originalità critica. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza; è necessario articolare motivi specifici che ne evidenzino i vizi di legittimità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: un ricorso inammissibile è spesso il risultato di una semplice ripetizione dei motivi d’appello, una pratica che svuota l’impugnazione della sua funzione essenziale. Analizziamo insieme la decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per il reato previsto dall’articolo 474 del codice penale, relativo all’introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. La sentenza di condanna, emessa in primo grado, veniva confermata dalla Corte d’Appello di Milano.

Non soddisfatta della decisione, la persona imputata decideva di proporre ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo di impugnazione con cui lamentava una violazione di legge riguardo al giudizio sulla sua responsabilità penale.

La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte, con una decisione tanto sintetica quanto chiara, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella natura stessa dei motivi presentati. I giudici hanno rilevato che le argomentazioni della ricorrente non erano altro che una “pedissequa reiterazione” di quelle già sollevate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello.

Secondo la Cassazione, un ricorso con queste caratteristiche non assolve alla sua funzione tipica, che è quella di sottoporre alla Corte una critica argomentata e specifica della sentenza impugnata. Limitarsi a riproporre le stesse doglianze significa presentare motivi non specifici, ma solo “apparenti”, che non possono essere presi in esame.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni dell’ordinanza si basano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo, il ricorso deve evidenziare vizi specifici del provvedimento, non limitarsi a manifestare un generico dissenso.

I giudici hanno sottolineato che un motivo di ricorso che si risolve nella mera ripetizione di argomenti già disattesi dal giudice del merito è privo di specificità. Tale approccio omette di confrontarsi criticamente con le ragioni esposte nella sentenza d’appello, che sono il vero oggetto del giudizio di legittimità. Inoltre, la Corte ha specificato che, nel caso in esame, la Corte territoriale aveva motivato in modo adeguato e corretto anche sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, rendendo le critiche della ricorrente ancora più infondate.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia serve da monito per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Non è una strategia vincente riproporre passivamente i motivi d’appello. È indispensabile un’analisi critica e approfondita della sentenza di secondo grado, individuando le specifiche lacune logiche o gli errori di diritto commessi dai giudici. Il ricorso deve essere un atto nuovo, che “dialoga” con la sentenza impugnata, demolendone l’impianto argomentativo con censure mirate.

In caso contrario, il rischio concreto è una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

Per quale motivo un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo la Corte, un ricorso è inammissibile quando si limita a ripetere pedissequamente i motivi già presentati e respinti in appello, senza formulare una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata.

Cosa significa che i motivi di ricorso sono “non specifici ma soltanto apparenti”?
Significa che, sebbene formalmente presentati, i motivi mancano della loro funzione essenziale, ovvero quella di contestare in modo critico e puntuale le ragioni della decisione del giudice precedente, limitandosi a una sterile riproposizione di argomenti già valutati.

Quali sono le conseguenze per chi propone un ricorso inammissibile?
La persona che propone il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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