Ricorso Inammissibile: La Cassazione sanziona la mera ripetizione dei motivi
Quando un ricorso per cassazione si trasforma in una semplice fotocopia dei motivi già presentati in appello, il rischio è una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e al pagamento di una sanzione. È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione in una recente ordinanza, che offre uno spunto fondamentale sull’importanza di formulare censure specifiche e pertinenti nel giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di una donna per la violazione dell’articolo 186, comma 7, del Codice della Strada (rifiuto di sottoporsi all’accertamento dello stato di ebbrezza). La sentenza di condanna, emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale, veniva confermata dalla Corte d’Appello competente.
Contro la decisione di secondo grado, la difesa dell’imputata proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge per il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
Il Ricorso Inammissibile e la sua Logica
Il cuore della questione non risiede tanto nel merito della richiesta (l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.), quanto nella modalità con cui è stata presentata. La Corte di Cassazione, infatti, ha stroncato sul nascere ogni possibilità di discussione, qualificando il ricorso inammissibile.
La ragione di tale decisione è netta: il motivo sollevato era ‘meramente riproduttivo’ di profili di censura già adeguatamente esaminati e respinti con argomentazioni corrette dal giudice di merito. In altre parole, la ricorrente si era limitata a ripresentare le stesse doglianze già formulate in appello, senza però confrontarsi criticamente con le ragioni specifiche per cui la Corte d’Appello le aveva rigettate. Manca, secondo i giudici, quel ‘confronto’ necessario tra la tesi difensiva e la motivazione della sentenza impugnata, che è un requisito essenziale per un valido ricorso in Cassazione.
La Decisione della Suprema Corte
La Suprema Corte, rilevata la natura ripetitiva del motivo, ha dichiarato inammissibile il ricorso. Questa declaratoria non è priva di conseguenze. Automaticamente, scatta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha condannato l’imputata al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di inammissibilità del ricorso, volta a scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte è lapidaria ma giuridicamente ineccepibile. Il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove si possono riproporre all’infinito le stesse questioni. È un giudizio di legittimità, finalizzato a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Se il ricorso non attacca specificamente i punti della decisione di secondo grado, ma si limita a ripetere argomenti già vagliati, perde la sua funzione e diventa inammissibile. La Corte sottolinea che la difesa non ha operato ‘alcun confronto’ con gli argomenti giuridici usati dalla Corte d’Appello per disattendere la sua richiesta, rendendo il ricorso un atto sterile.
Conclusioni
Questa ordinanza è un monito importante per la pratica legale. Evidenzia che per accedere al giudizio di Cassazione non basta avere delle ragioni, ma è fondamentale saperle articolare in modo specifico e critico rispetto alla sentenza che si intende impugnare. Un ricorso inammissibile perché meramente ripetitivo non solo preclude ogni possibilità di successo, ma comporta anche significative conseguenze economiche per l’assistito. La redazione di un ricorso efficace richiede, quindi, un’analisi approfondita della decisione appellata e la costruzione di censure nuove e pertinenti, capaci di minare le fondamenta logico-giuridiche della pronuncia di merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse censure già adeguatamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con le specifiche argomentazioni giuridiche contenute nella sentenza impugnata.
Cosa aveva chiesto la ricorrente con il suo unico motivo di ricorso?
La ricorrente aveva chiesto il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.
Quali sono state le conseguenze economiche della declaratoria di inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11103 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11103 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VALDAGNO il 11/09/1971
avverso la sentenza del 14/12/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia che ha confermato la pronuncia di condanna, resa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Vicenza il 23/03/2023 per il reato di cui all’art. 1 comma 7, d.lgs. 30 aprile 1992 n.285.
Con l’unico motivo sollevato, deduce violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.
Il ricorso è inammissibile, trattandosi di motivo meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argoment giuridici dal Giudice di merito (p. 2 sent. app.), rispetto ai quali la ricorrent opera alcun confronto.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
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