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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione?

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per estorsione. I motivi sono stati giudicati una mera ripetizione di quelli già respinti in appello, confermando la correttezza della decisione impugnata sul diniego delle attenuanti e sulla determinazione della pena.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Mera Ripetizione dei Motivi

Quando si presenta un’impugnazione davanti alla Corte di Cassazione, è fondamentale che i motivi addotti siano nuovi, specifici e critici nei confronti della sentenza precedente. Un ricorso inammissibile è spesso il risultato di una strategia difensiva che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già valutate e respinte nei gradi di merito. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di questo principio, sottolineando l’importanza di un approccio rigoroso nella redazione del ricorso.

I Fatti del Caso: Condanna e Impugnazione

Il caso analizzato riguarda un imputato condannato in primo grado e in appello per un grave reato. La difesa decideva di presentare ricorso per Cassazione, basando la propria impugnazione su tre argomenti principali:

1. Il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante per il presunto minimo contributo al reato e un presunto difetto dell’elemento soggettivo.
2. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3. L’eccessività della pena inflitta.

La Corte d’Appello aveva già esaminato e rigettato tali questioni, fornendo una motivazione dettagliata nella sua sentenza.

La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno analizzato ciascun motivo, evidenziando come nessuno di essi presentasse i requisiti necessari per essere esaminato nel merito.

L’inammissibilità per pedissequa reiterazione

Il primo motivo è stato giudicato inammissibile in quanto si risolveva in una “pedissequa reiterazione” di argomenti già ampiamente trattati e disattesi dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di valutare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, la motivazione della Corte territoriale è stata ritenuta esente da vizi e conforme ai principi di diritto. In particolare, era stato correttamente evidenziato come il comportamento dell’imputato dimostrasse una piena consapevolezza e condivisione della condotta illecita, senza alcuna reale dissociazione.

Il diniego delle attenuanti e la discrezionalità del giudice

Anche il secondo e il terzo motivo, relativi al trattamento sanzionatorio, sono stati dichiarati manifestamente infondati. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: nel negare le attenuanti generiche, non è necessario che il giudice di merito analizzi ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, ma è sufficiente che motivi la sua decisione facendo riferimento agli elementi ritenuti decisivi. Allo stesso modo, la determinazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, il quale deve esercitarla nel rispetto dei criteri legali (artt. 132 e 133 c.p.). La Cassazione interviene solo se la motivazione è palesemente illogica o del tutto assente, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della Corte si fonda sul principio che il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto. Il ricorrente non può limitarsi a lamentare una valutazione dei fatti diversa da quella auspicata, ma deve individuare specifici vizi di legge o di motivazione (illogicità manifesta, contraddittorietà) nella sentenza impugnata. Riproporre le medesime doglianze già respinte in appello, senza criticare in modo specifico e pertinente la risposta del giudice precedente, trasforma il ricorso in un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione del merito.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza un principio cardine del nostro sistema processuale: per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è indispensabile formulare censure che non siano una semplice ripetizione di quelle già esaminate. È necessario attaccare la struttura logico-giuridica della decisione impugnata, dimostrando dove e perché il giudice d’appello ha errato nell’applicare la legge o nel motivare la sua scelta. In assenza di tali elementi, il ricorso è destinato al fallimento, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando si limita a essere una ‘pedissequa reiterazione’, ovvero una semplice ripetizione, degli stessi motivi già presentati e respinti dalla corte d’appello, senza sollevare nuove questioni di diritto o vizi logici specifici della sentenza impugnata.

Perché non sono state concesse le circostanze attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche non sono state concesse perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione del giudice di merito sul punto fosse logica e priva di vizi. La Corte ha ribadito che il giudice non è tenuto a considerare tutti gli elementi dedotti dalle parti, ma è sufficiente che giustifichi la sua decisione basandosi su quelli ritenuti decisivi.

La Corte di Cassazione può modificare l’entità della pena decisa nei gradi precedenti?
Di norma, no. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione fornita per giustificare la pena è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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