Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39374 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39374 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
sul ricorso proposto da: NOME RAGIONE_SOCIALE OURY (CUI CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
La Corte d’appello di Torino, con la pronuncia di cui in epigrafe, ha confermato la responsabilità di NOME (accertata all’esito di giudizio abbreviato), per quanto ancora rileva ai fini del presente giudizio, oltre che per rapina e lesioni personali anche per fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con riferimento alla detenzione per uso non esclusivamente personale di 8,3 g lordi di marijuana. L’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso fondato su un motivo (di seguito enunciato ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). Si deduce la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ha escluso l’uso personale della marijuana solo in ragíone della quantità di stupefacente e su un mero pregiudizio derivante dalle condizioni di vita dell’imputato e dal denaro sequestratogli, senza considerare il complesso delle circostanze emergenti dagli elementi probatori che, a dire del ricorrente, fonderebbero il ragionevole dubbio.
Il ricorso è inammissibile. In primo luogo, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello (sintetizzati a pag. 3 e s. dalla sentenza impugnata, in particolare a pag. 4), il ricorso è fondato esclusivamente su un motivo che si risolve nella pedissequa reiterazione di quello già dedotto in appello e puntualmente disatteso dalla Corte territoriale (pag. 7), dovendosi quindi lo stesso considerare non specifico ma soltanto apparente, in quanto omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis: tra le più recenti, Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01).
A quanto innanzi deve altresì aggiungersi il mancato confronto con la ratio decidendi sottesa alla decisione (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., in motivazione, tra le più recenti; Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01). Orbene, la Corte territoriale è lungi dal non aver considerato il complesso delle circostanze emergenti dagli elementi probatori acquisiti, fondando l’accertamento sul mero pregiudizio derivante dalle condizioni di vita di NOME (con precedente specifico), avendo valorizzato non solo lo stupefacente rinvenuto nelle tasche dell’imputato, che ha comunque tentato di disfarsi di . altre inflorescenze alla vista delle forze dell’ordine, in quanto valutato in uno con le dichiarazioni rese dallo stesso prevenuto circa il non uso da parte sua di sostanze stupefacenti (pag. 7 sentenza).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre re